Riflessioni di Jo Lau sulla guerra contro la Jugoslavia (21 ottobre)

Alcuni anni fa, Enzensberger in un discorso sulla guerra e sulla pena capitale, ci ha ricordato del fatto che la maggior parte della nostra società  vorrebbe volentieri  penalizzare l'omicida con la pena di morte, non perché ritiene questo un crimine grave e/o imperdonabile, ma soltanto perché l'omicida ha osato di uccidere per conto proprio.  Il fatto che l'uccisione di una altra persona umana è considerato illegale, cioè non accettato dalla comunità sociale infatti è ed era una norma giuridica e morale legataa sempre all'assegnazione del valore della persona uccisa nel suo contesto politico, economico e sociale.

Il fatto di uccidere uno schiavo,  ancora circa un secolo fa, era considerato soltanto sotto l'aspetto del danneggiamento di una cosa, idem, non solamente in tempi antichi, per la moglie o i figli.

L'uccisione dei "gialli", circa 1,5 milioni durante la guerra del Vietnam,  non è stato considerato un crimine di guerra, soltanto la speciale brutalità degli eventi di My Lei  ha reso possibile aprire una riflessione nella società americana sui valori di civiltà e di diritto.
Il divieto di uccidere un altro, dal quinto comandamento fino all'art 575 c.p. rispecchia comunque soltanto il rapporto tra l'individuo nella sua concreta o generale utilità  e il suo ambiente sociale che ne trae un vantaggio per il suo metabolismo comune.

In una società illuminata, nella quale la produttività sociale è sempre più legata all' intellettualità umana e allo sviluppo e alla maturazione psico-sociale dei singoli producenti, l'omicidio tende a trovare una discriminazione altrettanto generale fino al punto che l'assemblea Generale  delle Nazioni Uniti in data 10.dicembre 1948, appena  51 anni fa,  aveva dichiarato che ogni uomo ha diritto alla vita.

Bisogna quindi sottolineare, che il diritto alla vita e  -  per la sua tutela - il divieto di uccidere,  si base soltanto come tutti altri diritti o divieti su una comune volontà, idea o ideologia che oggi regola il metabolismo sociale, caratterizzata da una certa flessibilità generale. L'orrore che noi proviamo oggi di fronte all'atrocità commessi dai fascisti per distruggere il cosiddetto "unwertes Leben"  (vita senza valore) sembra un può ipocrita perché questo orrore non include la distruzione dolosa delle vite appartenienti ad altri popoli, strati sociali, etnie, religioni o razze che sono meno utili per il nostro metabolismo sociale, o meglio, per il nostro mercato.

La ricerca delle responsabilità della evidente multipla distruzione di vite nella guerra del Kossovo deve quindi andare oltre ai limiti del pensiero televisivo,  e non dovrebbe neanche limitarsi alla lista degli indagati del Tribunale Internazionale per la ex-Jugoslavia .

Qualunque Guerra significa la morte per tante persone,  militari e civili, e qualcuno ha ordinato o voluto questa distruzione di vite.
Nella canzone "Universal soldier"  di un famoso cantautore inglese degli anni 60, si chiedeva da dove arrivano  gli ordini che rendono possibili le guerre, e egli risponde: "the order cames from here an there, and You an me, and brothers can't You see, this is not the way to stop the war ?" .(l'ordine parte da qui e da là, da Te e da me, fratello, non vuoi capire che in questo modo non possiamo fermare la guerra?)
Non mi sembra molto sbagliata questa affermazione, anzi trova la sua piena affermazione in questa ultima guerra del Kossovo.  Questa guerra è stata voluta e ordinata da noi qui in Europa e America, dopo che una propaganda dei nostri mass media ci ha fatto capire che il Milosovic e il popolo serbo, i serbi, sarebbero dei criminali ( vale anche per loro la presunzione dell'innocenza ?)  e alla fine qualunque barriera etica, morale o giuridica poteva essere facilmente scavalcata con la decisione di cominciare il bombardamento della Yugoslavia.

Il punto di vista di Rossana Rossanda  (Manifesto del 23 Dic. 99) che  rimanda la responsabilità ai "Signori della guerra" o altri che invocano le solite "sette sorelle" petrolifere, i quali in un presunto disegno globale vogliono mettere sotto il loro controllo il grezzo russo sul  mercato energetico mondiale, non possono però risolvere il  dilemma.

La decisione di bombardare la Yugoslavia e il Kossovo è stata fatta semplicemente in casa nostra,  dinanzi alla televisione con il nostro applauso e consenso maggioritario, dinanzi ai discorsi pseudo-pacifici dei nostri eletti leader nazionali, d'Alema e compagnia, i  quali ci hanno spiegato che purtroppo di fronte al dilemma della popolazione albanese in Kossovo la comunità internazionale non si può più tenere fuori , e deve usare la guerra per ristabilire la pace.

A parte che si cambiavano sotto il tavolo di Ramboullet le carte per la Stampa internazionale, e a parte che nessuno osa più di  parlare di un evidente piano di genocidio di Milosovic per giustificare la prima guerra della NATO, cosa sorprendente per la nostra cultura politica e umanistica europea, è molto semplice ed altrettanto deludente che nessuno abbia denunciato pubblicamente questo fatto: Perché la vita della popolazione serba vale meno della popolazione albanese?

Quest'inerzia era il "nostro ordine" di bombardare la Yugoslavia e di uccidere più di duemila donne, uomini e bambini serbi e tanti militari tra Marzo e Giugno 1999 nella  prima guerra della Nato fatta per imporre ai popoli dell'Europa  una " durevole pace, sicurezza  e libertà"  (Washington Declaration 23-24-April 1999 )  quando In data 24.III.1999 , mezzi militari della NATO con il consenso del governo italiano e con l'assistenza delle nostre forze militari, hanno iniziato a bombardare strutture civili e militari della federazione Jugoslava .

Dopo 3 giorni di ripetuti bombardamenti si poteva conoscere, con assoluta certezza, l'esistenza di numerose vittime sia tra i  militari che tra la popolazione civile.   Da questi fatti sorge il sospetto che il nostro governo nonché quello tedesco, americano, inglese, francese con il nostro tacito consenso, hanno  commessi dei crimini di guerra nonché multipli omicidi.
 
In contrasto con la Costituzione, secondo la quale l' "Italia ripudia la guerra come ... mezzo di risoluzione delle controversie internazionali..." (art.11cost.), il nostro Governo ha consentito passivamente ed attivamente che il territorio nazionale venisse utilizzato per una guerra contro uno stato che in nessun modo aveva aggredito la nostra Repubblica. Questo attacco alla SERBIA, uno stato sovrano, è un atto illecito secondo il diritto interno ed internazionale;

L'Art. 2,4  in collegamento con l'art 51. della carta ONU,  vieta l'uso della forza contro un altro Stato, salvo nei casi  di autodifesa individuale o collettiva.  Gli autori della Carta ONU si sono ben guardati di stabilire il diritto all'autodifesa a favore di un'etnia o di una parte della popolazione di uno Stato - sarebbe stato ed è il cavallo di Troia  per ritornare allo jus ad bellum (il diritto di iniziare secondo il proprio gusto una guerra), il quale, con il Patto Briand Kellogg del  27.8.1928, è stato modificato per introdurre una nuova qualità di coesistenza pacifica tra gli Stati.
L'Italia quindi, in  base all'art.51 della Carta ONU, non poteva prestare l'assistenza umanitaria con mezzi bellici alla popolazione albanese in Kossovo. Sebbene l'intervento umanitario ultimamente sia  "di moda" nei seminari dei giuristi internazionali, è altrettanto chiaro che un tale intervento umanitario debba essere  deliberato dal Consiglio di Sicurezza, in base al capitolo VII Carta ONU. Una  tale approvazione non esiste.

Nemmeno il trattato Nato del 4.4.1949  può fornire una base giuridica per l'attacco delle truppe dell'Alleanza, in quanto il testo dell'art 5 è  piuttosto chiaro: I partner del Trattato si promettono l'assistenza reciproca nel caso di un'aggressione contro uno di loro, finché il consiglio di Sicurezza, che deve essere immediatamente interpellato, abbia preso le necessarie misure per ristabilire la Pace e la  Sicurezza internazionale.

L'amministrazione Clintoniana è da tempo caratterizzata dalla volontà di delegittimazione della prima Organizzazione Mondiale, ONU, perché essa contiene troppi elementi imponderabili per essere adatta a garantire agli USA la posizione di prima potenza mondiale, anche per i prossimi 200 anni (Clinton, in un pubblico discorso nell'ottobre 1993 a Washington davanti al Campidoglio).

Come motivazione per il bombardamento, il Governo italiano insieme con i partner della Nato lamentano il fatto che i Serbi non hanno  firmato la bozza del trattato di pace con i Separatisti albanesi.

Questo argomento in se stesso dimostra un vizio di fondo ed una trasgressione del diritto internazionale, in quanto è vietato agli Stati di costringere ad accettare un patto con la minaccia della forza (art 52 Trattato di Vienna del  23.5.69) .

Il rifiuto del Milosovic quindi non può essere considerato un motivo legittimo per aggredire la Serbia.

Come unico elemento di salvataggio (giustificazione)  per i sospettati criminali di guerra: Schroeder, Clinton, d'Alema, Blair, Jospin ed al., resta unicamente la possibile sussistenza di uno stato di emergenza della Popolazione albanese  nel  Kossovo, alla quale, per motivi umanitari gli stati della Nato devono prestare aiuto. A prima vista questo argomento è molto allettante. Chi si può sottrarre al dovere morale di prestare aiuto ad un popolo minacciato?. Non è forse stato l'intero movimento pacifista europeo a chiedere ai militari di intervenire a Sarajevo alcuni anni fa?

Perfino il Ministro degli esteri tedesco Fischer, pacifista e verde, non si sente più in grado di voltare le spalle di fronte alle sofferenze della popolazione Albanese. Per non parlare delle momentanee esaltazioni umanitarie dell'ex ministro della difesa italiana, che evidentemente è diventato più saggio dopo aver personalmente decretato, il venerdì santo di due anni fa, le condizioni mortali per l'affondamento di una barca con circa 70 profughi albanesi.

La svolta umanitaria europea potrebbe essere promettente nei prossimi mesi; la NATO infatti potrebbe, per esempio, decidere  di cominciare a bombardare Ankara, per fermare i crimini turchi contro il popolo Curdo. Ed  anche il Primo ministro Blair potrebbe rischiare di trovare una bomba Nato nella sua aiuola dinanzi a casa, perché la NATO  non potrebbe più sopportare la crudeltà e la brutalità delle truppe e milizie inglesi contro la popolazione cattolica del Nord Irlanda, dove negli ultimi decenni sono morte una decina di migliaia di persone inermi.

L'entusiasmo  di chi pensa di poter risolvere in questo modo tante ingiustizie,  purtroppo è colpito (frenato) dai limite dello stesso diritto internazionale bellico.

Qualunque azione militare (sia legittima o meno) deve rispettare le regole della convenzione dell''Aja del 1899 e 1907 ecc.  Vige il principio che ogni azione di attacco contro il nemico deve essere utile in relazione all' obiettivo bellico .

Il bombardamento di Belgrado non può  proteggere la popolazione albanese che si trova nelle mani della milizia serba. E quindi i bombardamenti, non servendo alla protezione, sono pertanto  anche sotto questo profilo illeciti.

Prima di chiudere vorrei menzionare le precisazioni dell' art 22 delle relative regole dell'Aja del 1923 per la guerra aerea, secondo cui sono vietati i bombardamenti allo scopo di terrorizzare la popolazione civile o allo scopo di  distruggere la proprietà privata. L'art 24  prescrive che se il bombardamento non è possibile senza discriminazione della popolazione civile, i bombardieri devono abbandonare la loro azione.

Del resto qualunque bombardamento che non promette un chiaro vantaggio militare è vietato (art 24 comma 1 della citata convenzione). Presumo che la Nato non volendo avere dei vantaggi militari, vuole solamente punire la Jugoslavia, che ha osato rifiutare la presenza di truppe straniere sul suo territorio.  Una tale punizione in se stessa è già illecita. E' pacifico che un giorno il presidente Milosovic dovrà  rispondere per i suoi crimini davanti a un giudice, ma il fatto che esistano Presidenti e Cancellieri criminali non dà il diritto al ITALIA o alla  Nato di uccidere deliberatamente i cittadini serbi.

Il bombardamento della Nato ha attualmente  un unico scopo: costringere Milosovic con la forza a firmare  la bozza di  Parigi.

Quest'obiettivo in se stesso è illecito, ed illecito è anche il mezzo.

Pertanto risulta necessario che venga aperta una inchiesta penale per l'eventuale coinvolgimento dei responsabili, Italiani e  stranieri.

Salutio, 28.3.99

jo.lau



VII  CONSIDERAZIONI FINALI
 
Vorrei passare alla questione che pare essere una delle più importanti.

Quali sono realisticamente le condizioni generali attuali per la politica del totale disarmo delle armi nucleari di distruzione di massa e per creare i relativi presupposti legali ?

1. la specie biologica homo sapiens sta vivendo attualmente un trionfo senza precedenti della sua proliferazione.

2. Il mantenimento e l'alimentazione di questa popolazione consumerà nei prossimi 100 anni tutte le riserve energetiche di carattere fossile, accumulate negli ultimi milioni di anni .

3. Gli ultime 50 anni - nonostante che esistesse una conoscenza della problematica - sono stati persi  per sviluppare modelli alternativi, perché i relativi sistemi politici ed economici dominanti dovevano occuparsi di mantenere le loro strutture di potere e di dominio.

4. Dall'inizio dell'industrializzazione ad oggi, in una strana correlazione, sono stati in media consumati per ogni abitante della terra una quantità di due tonnelate Unità -Steinkohle / per annum e non si vede nessun segno che tale tendenza, in relazione al progressivo aumento della popolazione, possa invertirsi.

    Le problematiche collaterali di carattere sociale , economico , climatico e sanitario sono ben conosciute  e  non devono essere specificamente menzionate.

5. Neanche si può auspicare che gli attuali modelli dominanti della riproduzione sociale, e la sua manutenzione, aspirino a qualsiasi mutazione, la quale potrebbe nutrire la speranza che la tendenza sopra menzionata del consumo e dello spreco delle risorse naturali potesse essere migliorata.

6. Dai libri di storia sappiamo che negli ultimi 2000 anni, o più, le guerre sono state sempre motivate con ragioni molto differenti. Le guerre, in ogni modo, si sono fatte sempre per difendere o migliorare le condizioni materiali di un'Unità sociale, capace  di fare una guerra. In questo senso non esiste nessuna differenza tra la guerra dell'oppio e la guerra del Golfo, la guerra dei trenta'anni o le guerre puniche, oppure la guerra tra gli aretini e fiorentini, descritta con auguste parole da Dante, combattuta nella valle davanti a casa mia, e dove, in un breve pomeriggio del fiorente medioevo, 3000 soldati sono stati macellati per la libertà dell'espandente Stato-Città Firenze, la quale aveva all'epoca non più di 30.000 abitanti.
 
7. Sono del parere  che  questo principio non cambierà  neanche nelle future guerre.
Presumo inoltre - l'eccezione conferma la regola -  che nessuna struttura statale rinunci al metodo sacrosanto della forza  per fare valere la sua volontà d'affermazione.

E' mia impressione che l'attuale politica di pace e l'approccio principale nei confronti dei mega-eventi di massacri e sofferenze di guerra, sia l'imperativo categorico del quinto comandamento occidentale-cristiano.

Non ci si vuole rendere conto delle rigide condizioni dello scambio umano, le quali sono strettamente  legate allo sviluppo generale della civilizzazione, e specificamente della tecnica,  e scienza, del controllo sociale ed economico del comportamento umano, che è sembre di più allineato alle condizioni del mercato e che ha creato condizioni generali, ove il mega-atto criminale (la guerra) appare soltanto la conseguenza coerente e logica di un meccanismo preesistente, il quale, per il suo essenziale carattere, tende in ogni modo ad aumentare la condizione della scarsità relativa delle risorse indispensabili per il metabolismo umano.

Mi pare molto difficile, forse anche impossibile, di creare alla base di una sistema normativo che garantisce la funzionalità del mercato e la relativa scarsità della ricchezza globale, una conoscenza pubblica che potrebbe invertire  o stigmatizzare un comportamento che sta all'origine del sistema normativo stesso, la CONCORRENZA.
 
        8. Visto che ogni sistema ecologico, che è sembre anche un  sistema competitivo - c'è chi dice che la razza umana sarebbe esclusa - conosce anche la morte per una sopraelevata eutrofizzazione, abbiamo poco tempo per esigere definitivamente e materialmente dai nostri Stati il totale disarmo nucleare.

        9. E' già iniziato il conflitto globale sulla divisione e sull'utilizzo della terra, e  deve essere velocemente denuclearizzata per garantire la sopravvivenza degli esseri umani, visto che qualunque attività collettiva in relazione ad una presunta fedeltà normativa di una formazione sociale (Stati o popoli organizzati) è inevitabilmente e ciecamente manipolata dal suo interesse di scambio di valori, dove la rinunzia  a questo interesse è considerata equivalente alla perdita della propria esistenza e competività.
 
        10. Il parere della Corte internazionale si è reso conto di questa limitazione di un aspettativa di conformità del comportamento, in quanto si rifiuta di considerare effettivo il divieto di usare la bomba nucleare anche in caso estremo di autodifesa ove l'esistenza dello stato sia minacciata.
 
        Bisognerebbe aggiungere che la Corte non ha discusso l'autodifesa personale, individuale in circostanze estreme, ma il diritto dello Stato a commettere una magnitudine di atti criminali; si può considerare una piccola tragedia storica - , che il diritto alla vita del singolo individuo non è stato definitivamente valutato superiore all'esistenza dello Stato .
 
        11. La realizzazione di un divieto o impedimento di atti collettivi di criminalità con armi di distruzione di massa - dipende, secondo la mia opinione,

1. dalla neccessità di sviluppare una nuova cultura internazionale del litigare (Streitkultur),
2. dalla possibilità di liberare il metabolismo individuale e sociale da strutture autoritarie (nel senso politico ed economico) e
3. dalla neccessità di affidare la proliferazione umana alla saggezza ecologica del producente individuale.