Il Nuovo, 22 marzo
Armi all'uranio nell'oasi di Bibbona
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In uno dei più bei parchi naturali della Toscana un deposito di munizioni dell'esercito conterrebbe armi all'uranioimpoverito e l'iprite, l'arma chimica usata dai generali di Mussolini. (foto Album fotografico
di Gabriele Masiero

 BIBBONA (LIVORNO). Un deposito di munizioni a un passo dal mare. In una delle oasi naturali più belle della costa toscana. Nasce qui l’ottavo Cerimant di Bibbona, il deposito che conterrebbe, secondo i sospetti messi nero su bianco in un’interrogazione parlamentare dal senatore di Rifondazione comunista, Giovanni Russo Spena, armi all’uranio impoverito e l’iprite, la terribile arma chimica utilizzata nelle colonie dai generali di Mussolini.

 Da queste parte il deposito lo chiamano «Le casermette», per quei bassi capannoni in muratura perennemente chiusi. Ma il sospetto più forte è che i proiettili al DU (Depleted Uranium) non si nascondano dietro quei portoni in legno, ma semmai sotto terra.

  Pronta arriva la smentita del Direttore centrale del Cerimant, il Centro rifornimenti e mantenimento di Roma, colonnello Biagio Sinatra: «Non abbiamo mai avuto in dotazioni quel tipo di munizioni».

 Dunque è da escludere che ve ne siano anche a Bibbona: «Assolutamente sì. Lì come in ogni altro deposito delle forze armate italiane». E proprio qui starebbe il sospetto più grande: il deposito della provincia di Livorno potrebbe essere utilizzato non solo dai nostri militari, ma anche in ambito Nato e dunque contenere o smaltire i proiettili in dotazione alle forze armate dell’Alleanza atlantica. E del resto qualcosa si apprende dalla scheda informativa diffusa dallo stesso Cerimant: «E’ verosimile – vi si legge – che al termine della missione in Somalia sia stata effettuata manutenzione al munizionamento calibro 105/51, poiché parte della dotazione del veicolo blindato Centauro che fu utilizzato anche in quell’operazione». E a questo proposito Falco Accame, presidente dell’associazione nazionale delle vittime delle forze armate (Anavafaf), avanza l’ipotesi che «un lotto di armi di questo calibro sia stato acquistato dall’Italia in Israele, Paese che usa tale munizionamento».

 L’acquisto risalirebbe al 1985 e se fosse vero, aggiunge Accame, «devono risultarne tracce negli atti del comitato che fu istituito per la vendita degli armamenti all’estero presso il ministero del Commercio con l’estero e che a suo tempo era presieduto da un funzionario del ministero degli Esteri, ministro Indelicato (inteso come grado della carriera diplomatica che precede la nomina ad ambasciatore)». Nella sua interrogazione, invece, Russo Spena chiede anche se «nel poligono di Nettuno sono stati sparati proiettili all’uranio impoverito per effettuare test comparativi e se in quello di Monte Romano fossero invece state distrutte armi all’uranio».

 (22 MARZO 2001, ORE 06:45)