La Nuova Sardegna
domenica 11 marzo 2001, S. Costantino
Craxi aveva deciso di rivelare l'esistenza della Gladio segreta
L'agente "Franz" racconta di aver incontrato l'ex presidente del Consiglio nel 1997 nel suo rifugio di Hammamet, in Tunisia

dal nostro inviato Piero Mannironi

ROMA. In poche ore racconta una vita. Anni "bruciati" pericolosamente in un mondo di ombre che, quindici anni fa, qualcuno ha voluto cancellare. Lui, il gladiatore sardo che si nasconde dietro il nome in codice "Franz", racconta in una piccola trattoria romana la sua vita segreta di "barba finta": infiltrato dietro la cortina di ferro negli anni Settanta e poi spedito nella Libia di Gheddafi.

«Non è stato facile decidere di parlare. E' vero: l'ho fatto perchè non si perda la memoria di quanto abbiamo fatto noi gladiatori. Ma anche perché mi hanno convinto due amici ed ex compagni di strada come Nino Arconte e Tano Giacomina. Molti uomini della nostra struttura segreta sono infatti morti misteriosamente o finiti in guai incredibili. Come se una "manina" stesse cercando di eliminare ogni prova di quanto abbiamo fatto». Arconte è l'agente G.71 che, nelle scorse settimane, ha raccontato la sua vita di 007 nella Gladio supersegreta che agiva all'estero, all'interno di una strategia Nato. Giacomina, anche lui sardo, è morto invece nel 1998. «Doveva andare con Arconte negli Stati Uniti per chiedere asilo politico, ma non partì mai: un pesante gancio di metallo lo uccise a Capo Verde, proprio il giorno prima di imbarcarsi per New York».

"Franz", che oggi fa il dentista, è l'uomo che ha cercato di legittimare la Gladio supersegreta, chiedendo aiuto a un ex presidente del Consiglio «che naturalmente sapeva tutto»: Bettino Craxi. «Nel 1997 - racconta l'ex 007 - andai in Tunisia. Il pretesto era un congresso internazionale di odontoiatria. Avevo in tasca una lettera di Arconte e di Giacomina che chiedevano a Craxi di intervenire e di rendere pubblica la storia della Gladio militare delle centurie. L'ex presidente del Consiglio era in Tunisia un vero dominus. Tanto che la gente diceva: "Bel Alì è il presidente. Craxi è molto di più". E non ci voleva molto a capire perché. Craxi era stato infatti l'ispiratore di quel "golpe morbido" che servì ad abbattere Bourghiba e a portare al potere proprio Ben Alì. Un colpo di Stato che, voglio ricordare, era stato organizzato dalla nostra struttura. Alla fine anche l'ex numero uno del Sismi, l'ammiraglio Fulvio Martini, ha dovuto ammettere, davanti alla Commissione stragi, che l'Italia negli anni Ottanta intervenne per modificare il quadro politico in Tunisia. Un'operazione che venne condotta per impedire quell'alleanza di Bourghiba con Gheddafi, voluta dall'Unione Sovietica».

Così, nel 1997, "Franz" incontrò Craxi ad Hammamet. «La sua residenza - dice - era più sorvegliata del palazzo presidenziale. Se sono arrivato a incontrarlo, evidentemente lui aveva capito molto bene chi ero e chi rappresentavo. Fu molto gentile e comprensivo. Mi disse però che forse i tempi non erano ancora maturi per rivelare la verità su Gladio e quale sia stata la sua vera funzione. Per questo mi disse che occorreva avere pazienza perché "certe difficili verità potrebbero creare reazioni illiberali". Scrisse poi una lettera per Arconte e Giacomina e, congedandomi, me l'affidò».

Ma i contatti con Craxi non finirono lì. "Franz" racconta infatti che il dialogo tra l'ex presidente del Consiglio e il gruppo degli ex gladiatori continuò. Fino a quando, nel 1999, l'ex presidente del Consiglio decise di parlare. «Chiese di essere sentito dalla Commissione Stragi - dice "Franz" -, ma non gli fu possibile, perché gli vennero negate alcune garanzie. Strano, per interrogare il generale Gianadelio Maletti in Sudafrica, anche lui latitante per la giustizia italiana, nessuno fece storie».

Il legame tra "Franz" e Arconte si cementò nel 1995. «Ci incontrammo per caso in Sardegna - dice - ed entrami sentimmo subito di non essere due estranei. Bastò parlarci un po' per rendermi conto che Arconte era quel G.71 al quale avevo affidato, negli anni Settanta, un gruppo di dissidenti ucraini sul Danubio, al confine con la Romania. Lo avevo visto per pochi minuti: il tempo di una parola d'ordine, un'identificazione in codice e l'augurio di buona fortuna».

Ma Arconte e "Franz" si incontrarono anche un'altra volta, prima del 1995. Fu in Libia, nel 1979. «Ero stato infiltrato come addetto agli approvvigionamenti alimentari - racconta "Franz" - nelle cucine di una delle più grosse imprese di costruzioni italiane che aveva un grosso cantiere in Libia. Per l'esattezza, stava costruendo un aeroporto a Sirte e due piste erano già pronte. Una era militare. Vidi infatti i piloti russi e tedeschi orientali addestrarsi sui Mig. Fotografai così le strutture, documentai la presenza dei militari sovietici e raccolsi altri documenti riservati. Consegnai il plico con tutto il materiale a un altro gladiatore: era G.71. Quando gli americani bombardarono la Sirte, sapevano benissimo dove colpire...».

"Franz" racconta che successivamente si spostò a Bengasi e perfino a Tripoli, dove continuò il suo lavoro di intelligence. «Aiutai molti oppositori al regime di Gheddafi a fuggire in Italia - dice ancora -. Spero solo che tra di loro non ci sia qualcuno di quelli rimasti vittime dell'orribile mattanza avvenuta nel 1980 in Italia. Noi li salvammo, poi qualcuno tradì e passò i loro nomi alla polizia segreta libica, comandata da Jallud. Il vero referente del Kgb a Tripoli».

"Franz" si congeda. Dice: «Ho detto tutto al dottor Ionta della procura di Roma. Spero che serva a restituire alla verità una stagione della storia del nostro Paese. Arrivederci».