Il Tempo
Cronache italiane
Un altro agente della "SuperGladio" racconta: i nostri servizi seguivano ogni mossa dei terroristi rossi in Cecoslovacchia
"Il Sid mi spedì a Praga a caccia delle Br"
Lo 007: accettai l'offerta del capitano La Bruna e diventai spia per amore di una ragazza
di Stefano Mannucci

ROMA - Voleva fare il dentista, è diventato spia per amore. E' la storia dell'agente "Franz", oggi tranquillo padre di famiglia cinquantenne. Apparteneva alla "Centuria" delle "Colombe", in quella Gladio segretissima di cui oggi cominciamo a conoscere meglio la struttura, grazie alle rivelazioni di "G-71", quell'Antonino Arconte intervistato da "Il Tempo" il 10 novembre scorso. Neppure "Franz" era incluso nella lista dei 622 gladiatori diffusa dal Governo Italiano nel 1990: quelli operavano all'interno dei nostri confini, mentre i circa 500 agenti cooptati nelle Centurie portavano a compimento le loro operazioni all'estero. Una sorta di "stay-behind": al di là delle linee nemiche, non dietro.

L'uomo racconta: mi pagavamo un milione al mese per seguire persone e scambiare documenti.

"Franz", che si qualifica con nome e cognome, ma che chiede l'anonimato "per salvare la pelle ai miei figli", conferma di aver incontrato più volte "G71" in missione: "In territorio rumeno, lungo il Danubio, mentre cercavamo di far riparare in Occidente dei dissidenti ucraini, e qualche anno più tardi, in Libia". L'uno civile, l'altro militare, ma entrambi inquadrati nella Gladio-2 nata all'inizio degli anni Settanta e diretta dall'allora capo del Sid, il generale Vito Miceli. La testimonianza di "Franz" aiuta a far luce sul costante monitoraggio attivato dai nostri servizi segreti nei confronti dei brigatisti che andavano ad addestrarsi nei campi paramilitari in Cecoslovacchia.

"Franz", per quale motivo a metà degli anni Settanta, lei andava e veniva da Praga?

"Ero uno studente, allora. Avevo perso mio padre quando avevo 17 anni, e per mantenermi gli studi lavoravo. Guadagnavo a sufficienza per continuare l'università e concedermi qualche vacanza. In uno dei miei primi viaggi in Cecoslovacchia incontrai questa ragazza: seppi più tardi che era la figlia di un alto ufficiale della Ddr. Si innamorò di me, e quando tornavo in Italia mi scriveva anche sette lettere al giorno. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per seguirmi nel nostro Paese, e io cercavo di aiutarla. Di fatto, ogni due mesi andavo a Roma, e chiedevo il visto per tornare da lei".

Finché?

"Finché fui avvicinato da due sconosciuti che mi accompagnarono in un bar e mi proposero di lavorare per loro. Uno di essi era il capitano La Bruna, l'altro un carabiniere, di cui ignoro il nome".

Secondo "Franz" in una sessione due brigatisti arrivarono dall'Austria a bordo di una Ferrari.

Cosa avrebbe dovuto fare?

"Seguire persone, scattare foto, ricevere documenti. Erano a conoscenza che la mia ragazza fosse figlia di un agente della Stasi. Lei stessa accettò di aiutarmi e diventò mia complice, tanto che alla fine della storia fu arrestata. Le tolsero il passaporto e la rispedirono in Germania dell'Est".

Non l'ha mai più vista?

"Il giorno in cui crollò il muro di Berlino mi cercò al mio vecchio numero di telefono, ma io non c'ero. E poi ormai avevo dei bambini. Peccato. Ho aiutato molte persone a uscire dai Paesi comunisti, solo con lei ho fallito".

Ma i ceki non sospettavano di lei?

"Portavo con me un amico inconsapevole, lui veniva da un'amica della mia ragazza. Una volta furono fermati a Cesky Krumlov, una città piuttosto grande vicino all'Austria. Simulai di aver perso i documenti, la polizia diffidava di me. Passammo una brutta giornata".

Il Sid le copriva le spalle?

"Due miei fratelli erano odontoiatri. La Bruna sapeva che anch'io volevo diventare dentista e mi assicurò che in qualche modo mi avrebbe  fatto completare gli studi. Infatti l'attestato arrivò: unaa laurea americana, che secondo loro sarebbe stata convalidata in Italia. Non è mai accaduto. Non sono mai stato ammesso all'esame di Stato, forse hanno fatto ostruzionismo. Oggi lavoro di fatto come professionista: uno studio in Sardegna, uno a Roma, l'altro in Germania
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forse andrò negli Stati Uniti, dove la mia laura vale. Comunque, mi suggerirono di rivolgermi a un veterinario praghese, un dissidente, che allestì per me una poltrona di dentista. Ero popolarissimo tra la gente, non volevo soldi sottobanco, e anche lì ricevevo documenti. Buste chiuse, dossier riservati. Non so cosa contenessero. Il mio rimpianto è che per seguire questa storia ho dovuto praticamente abbandonare gli studi".

I servizi quanto la pagavano?

"Circa un milione al mese, nel 1974-1975. Venivo a prendere i soldi direttamente a Roma, nell'ufficio X di via 20 settembre 8, di cui ha parlato anche Arconte. Anch'io, dopo il 1985, a quell'indirizzo non ho trovato più nessuno".

Tra le persone che ha dovuto seguire in Cecoslovacchia, c'erano terroristi italiani?

"Brigatisti. Io ne ho pedinati almeno sei, in tre missioni. Ma erano molti di più. Una volta ne arrivarono due su una Ferrari targata Catania.".

In Ferrari?

"Un modo paradossale per non dare nell'occhio. Li seguivamo a staffette, noi agenti italiani. Non potevamo stargli incollati. Il nostro lavoro cominciava a Vienna e finiva nei dintorni dei campi paramilitari, a Brno, o a Karlovy Vary. Non capisco come in Italia abbiano potuto sostenere che non se ne sapeva nulla".

Quindi i servizi segreti italiani ne conoscevano gli spostamenti fin nei dettagli?

"Queste persone chiedevano il visto per la Cecoslovacchia all'Ambasciata di via dei Colli della Farnesina, a Roma, oppure in Austria, e il gioco
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Come è finito in Libia?

"Il prologo suonerà strano. Mio padre era macellaio e mi aveva insegnato i rudimenti del mestiere. Nel 1979 ricevetti l'ordine di presentarmi a Milano, negli uffici di una importante e nota impresa di costruzioni. Venni immediatamente assunto come capo degli approvvigionamenti alimentari nel villaggio dell'aeroporto che l'impresa stava costruendo a Sirte. Due piste erano già pronte: era una struttura militare. Io potevo circolare liberamente e vidi che si addestravano piloti di caccia. Russi e tedeschi orientali, i libici non sanno manovrare la cloche di un Jet. Cosa dovevo fare? Foto delle strutture, procurarmi documenti riservati. Come nei mesi successivi avrei fatto a Bengasi e Tripoli. Aiutai molti oppositori di Gheddafi ad espatriare in Italia: non vorrei che tra loro vi fossero anche quelli assassinati grazie alle "soffiate" passate dai nostri al dittatore libico".

Le oscure strategie dell'intelligence nel sequestro Moro

ROMA - Dopo "G71", ecco "Franz", i racconti dei nostri 007 gettano fasci di luce sull'attività dei nostri servizi segreti negli anni del terrorismo. Prima, durante e dopo il sequestro di Aldo Moro. Ora sappiamo con buona certezza che il Sid, e più tardi il Sismi, conoscevano "in diretta" gli spostamenti e i progetti dei terroristi. Particolarmente inquietante la circostanza rivelata da "G71": se il gladiatore afferma il vero, pochi giorni prima del rapimento dello statista Dc, il colonnello Mario Ferraro (morto nel '95 dopo essersi "impiccato" a una maniglia alta un metro e venti da terra) riceve a Beirut lo strano ordine di attivare contatti presso i terroristi mediorientali per arrivare in tempo utile alla prigione in cui poi sarebbe stato imprigionato Aldo Moro. Per motivi oscuri, forse per acquisire benemerenze in sede politica, il servizio avrebbe dunque deciso di agire per liberare l'uomo politico, ma non per impedire l'attacco brigatista. Gioverà ricordare che, il 16 marzo 1978, un alto ufficiale del Sismi si trovava a passeggiare dalle parti di via Fani per - spiegherà poi -"andare a pranzo da un collega". Alle nove del mattino.

Quanto alle presunte infiltrazioni di agenti, dei servizi nelle Br, da anni i sospetti si sono incentrati proprio sull'uomo chiave del commando terrorista: Mario Moretti, ribattezzato la "Sfinge" dai suoi compagni di clandestinità. Il covo di via Gradoli, come è noto, fu scoperto poche ore dopo la sua fuga, e grazie a una "provvidenziale" infiltrazione d'acqua nel bagno. In quella strada molti erano gli appartamenti di proprietà dei servizi segreti.

Ecco poi la pista praghese. Alberto Franceschini, trovato in possesso di un passaporto con visto, ha sempre negato di essersi recato laggiù per conto delle Br. L'agente "Franz" ne avrebbe seguiti sei, di terroristi, perfino in Ferrari. Lì, secondo valutazioni dello stesso Sismi, dal 1948 al 1978 almeno 800 cittadini italiani identificati, avrebbero frequentato "corsi" per estremisti rossi in Cecoslovacchia e in altri paesi d'Oltrecortina. Un traffico inverosimile, tanto che lo stesso Pci, attraverso il compagno Cacciapuoti, si attivò nel 1975 presso le autorità di Praga perché non avallassero più questa situazione, che per Botteghe Oscure si stava facendo troppo imbarazzante. E Giovanni Pellegrino, presidente della Commissione Stragi  (sic), non esclude che tra le molte carte passate di mano tra Praga e Roma, dalle Br ai servizi ceki, vi siano state proprio quelle, ora introvabili, dell'originale memoriale Moro. Tutto sotto gli occhi degli 007 italiani.



Nota dell'Osservatorio:
un ultimo piccolo sforzo, e ci diranno che tra gli esfiltrati dalla Gladio, involontariamente, vi erano parecchi criminali nazisti. E, dulcis in fundo, che il papà della signorina Maria Jana Korbel (alias Albright), era una spia nazista inviata a Belgrado sotto la copertura di "ambasciatore cecoslovacco". Pretendere invece che Assassiga confessi che da sempre ricatta Scemotti con la storia delle percentuali delle tasse siciliane ristornate alla DC, sarebbe veramente troppo. L'Osservatorio comunque continua ad osservare.