Famiglia Cristiana, N.4, 28 gennaio
I silenzi della scienza
http://www.sanpaolo.org/fc/0104fc/0104fc46.htm

Il disagio, il fastidio persino, era facile da percepire. Nei commenti degli amici, negli appunti dei conoscenti, nel ciglio alzato degli esperti. Poi ha pensato il Corriere della Sera a dar voce, con un autorevole editoriale, allo sdegno degli scienziati per "il pressappochismo e la proterva ignoranza" con cui in Italia si discute di uranio impoverito, mucca pazza e in generale delle materie (pensiamo all'elettrosmog o al nucleare civile) in cui la ricerca tocca il vivere quotidiano. "La scienza parla, nessuno ascolta", era intitolato l'editoriale. Il problema, però, potrebbe essere rovesciato: "Tutti vorrebbero ascoltare, ma la scienza non parla". Non facciamo agli scienziati il torto di pensarli troppo assorti tra provette e alambicchi per non sapere in che mondo vivono. E quindi ci piacerebbe tanto che fossero loro (i più qualificati, appunto) a dire a noi, prima, quali allarmi è giusto lanciare. Non risulta, invece, che il rischio delle farine animali sia stato segnalato per tempo dagli scienziati. Né che molti scienziati abbiano chiesto, dopo la guerra del Golfo, di andare in Irak a studiare gli effetti dell'uranio impoverito. Non è difficile fare le pulci a noi poveri giornalisti. Ma è facile anche trincerarsi dietro il ragionamento "non c'è prova che…" quando le possibili conseguenze non ci toccano. Quanti scienziati sarebbero disposti a bere il latte delle mucche col prione della pazzia, solo perché è stato detto che "non c'è prova che il morbo passi dalla mucca al latte"? Se c'è un rischio che l'uranio impoverito dei proiettili, ridotto a vapore dall'esplosione, liberi isotopi radioattivi, non sarebbe razionale non usarlo in missioni umanitarie e su territori su cui poi dovrà vivere una popolazione civile? Non vorremmo finire come nel film Deep Impact, in cui un ragazzo, che ha avvistato la cometa che distruggerà la Terra, si sente dire da un amico: «È bellissimo. Nessuno del nostro quartiere aveva mai scoperto che il mondo stava per finire».

Fulvio Scaglione