Media e politici, il parere dello scienziato (Famiglia Cristiana, 21 gennaio)
«Ma quanta superficialità»
http://www.sanpaolo.org/fc/0103fc/0103fc43.htm
di IDA MOLINARI

«Le spiego cos’è l’uranio impoverito. È un metallo sostanzialmente puro, molto meno radioattivo dell’uranio naturale. Esso è il risultato dello scarto residuo, dopo i processi di arricchimento dell’uranio naturale (238) con l’isotopo 235, che viene utilizzato per la fissione nucleare». Così, con queste poche parole, il professor Renato Angelo Ricci, presidente onorario della Società italiana di fisica, docente dell’Università di Padova, definisce l’uranio impoverito, lo spettro che si aggira per l’Europa, accusato di essere stato il killer silenzioso di decine e decine di militari e civili durante le ultime campagne militari in Kosovo, in Bosnia e nella guerra del Golfo contro l’Irak.

Il professor Ricci nei giorni scorsi ha letto i giornali disgustato dal comportamento dei media e dei politici, da lui ritenuto molto superficiale nel trattare questi temi. Quotidiani, settimanali, radio e Tv, ministri e parlamentari hanno esternato o discusso di uranio e di radioattività, in connessione con la cosiddetta "sindrome dei Balcani", senza prima interpellare le associazioni scientifiche e utilizzare competenze professionali nel campo della fisica nucleare e della radioprotezione. Un comportamento abbastanza grottesco e paradossale, se si pensa che tutto questo avviene nella patria del grande fisico Enrico Fermi. «L’uranio impoverito non ha alcuna valenza nucleare e viene utilizzato per appesantire i proiettili e aumentarne il potere di penetrazione all’interno delle corazze dei mezzi blindati. L’efficacia è ovvia, visto che il suo peso specifico è del 65 per cento superiore a quello del piombo».

E i rischi per i militari e per la popolazione che entra in contatto con questo elemento, professore, ci sono o no? «L’uranio impoverito presenta una debole radioattività "alfa", un terzo circa rispetto all’uranio presente in natura. Molto meno della radioattività naturale, che si può riscontrare anche in molte città italiane, per esempio nella città di Roma e dintorni». Come dire che nella crosta terrestre l’uranio è presente e diffuso insieme con altre sorgenti radioattive, sicché tutti, in un modo o nell’altro, siamo oggetto di radiazioni, anche se in misura diversa.

«Proprio così», prosegue Ricci, «viviamo in un ambiente naturalmente radioattivo. Tanto per fare un esempio, negli ambienti chiusi si sprigiona e si raccoglie molto radon. Si tratta di un gas emanato dai decadimenti di elementi naturali, ben più radioattivo e pericoloso dell’uranio. È accertato che quest’ultimo può dare inconvenienti solo dal punto di vista chimico-tossico, se ingerito, così come altri metalli pesanti (come il piombo, o il mercurio) ma non nelle quantità di cui si sta discutendo in questi giorni. In ogni caso non vi è alcuna evidenza di connessione con l’eventuale insorgenza di leucemia o altri tipi di tumore nei soggetti che ne vengono a contatto».

Come dovrebbe comportarsi lo scienziato alle prese con una situazione del genere? «Lo scienziato indaga se siamo fuori dalla statistica per la fascia di popolazione interessata. Se la risposta è sì, sarà necessario andare oltre e indagare anche su tutti gli altri fattori chimico-tossici che abbiano eventualmente agito nel contesto di quelle campagne militari».

Ida Molinari



Commento: vedi 'Depleted uranium': A tale of poisonous denial (S. Francisco Examiner, 1 maggio 2000)