20 ottobre 2000
La Padania
Il governo risponde picche all’interpellanza urgente dell’opposizione
Terapia Di Bella, non ci sarà nessuna nuova sperimentazione

 Un’interpellanza urgente al ministro Veronesi dopo le voci sui pesanti sabotaggi operati a danno della terapia anticancro del professor Luigi Di Bella. L’hanno presentata un pugno di deputati, primo firmatario Alessandro Cè (Lega), e Giancarlo Pagliarini per chiedere in sostanza una nuova e più seria sperimentazione. La risposta data dal governo per bocca del sottosegretario alla Sanità, l’Ombretta Fumagalli Carulli, è stato agghiacciante, tanto che alla fine Alessandro Cè ha così controbattuto: «La risposta che avete dato oggi è l’ennesima negazione della possibilità di una speranza che, invece, quella gente dovrebbe avere. Per avere una speranza, era necessario che la sperimentazione si fosse svolta correttamente: oggi avreste dovuto dare una risposta diversa, che perlomeno aprisse alla possibilità di sperimentare di nuovo, nel prossimo futuro, o di utilizzare quelle cure. Alcuni possono ritenere quelle cure come palliativi, ma danno risultati: signor sottosegretario, vada a verificarli sul campo». Cosa aveva detto l’Ombretta? Aveva sostanzialmente smentito qualsivoglia irregolarità, errore e magagna compiuta nel  corso della sperimentazione, perfino quelle ammesse a denti stretti dallo stesso Istituto Superiore della Sanità.

 Arrampicandosi sui vetri con abilità tutta politica, il sottosegretario ha confutato Nas e Iss: non è vero che i farmaci somministrati ai malati di cancro all’epoca fossero scaduti o andati a male, giacché - secondo il governo - quello di scadenza è un concetto molto particolare e difficilmente maneggiabile. La Carullli ha anche smentito che la letteratura mondiale contenga notizie favorevoli all’uso antitumorale della somatostatina e degli altri componenti la multiterapia Di Bella e ha ribadito più volte che la sperimentazione fu regolare, fatta con tutti i crismi e supervisionata da chi di dovere. Ovviamente la risposta non è piaciuta a Cè, primo firmatario dell’interpellanza. «Non c’era nessuna urgenza; bisognava fare le cose seriamente e non come le ha fatte il Governo di allora. Bisognava farle seriamente, perché non è possibile pensare che si possano somministrare dei farmaci a malati, spesso terminali, quando non si conoscono bene né gli effetti di questi farmaci né, ad esempio, la tossicità dell’acetone, sottolineata a livello internazionale in ogni sede. Questa è massima irresponsabilità, che non è assolutamente giustificabile, anche da questo punto di vista».