Corriere della Sera, Venerdì 9 Febbraio 2001
Tutti i soldati malati sono stati in missione in Bosnia e Kosovo. Dieci di loro sono già morti di tumore
Sindrome dei Balcani, in Italia 38 casi
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ROMA - Sul caso dell’uranio impoverito ci sarà probabilmente un’inchiesta parlamentare. La commissione Difesa del Senato ha dato ieri parere favorevole. Tocca ora all’assemblea di Palazzo Madama dire un sì o un no definitivo. Anche la commissione Difesa della Camera si è occupata della vicenda dei proiettili all’uranio con alcune audizioni, fra cui quella del generale Antonio Tricarico, capo della sanità militare, il quale ha fatto il punto sull’indagine scientifica che sta conducendo la commissione presieduta dal professor Franco Mandelli. «Stiamo studiando - ha detto il generale Tricarico - i casi di 38 militari, di cui 10 riguardano persone già morte, e 28 sono le cartelle cliniche relative a giovani afflitti da gravi patologie». Tutti i 38 militari sui quali si concentrano gli studiosi per scoprire la causa delle malattie hanno trascorso un periodo di tempo in missione nel Balcani, in Bosnia o Kosovo.

Erano arrivate alla commissione scientifica le segnalazioni di 64 uomini in divisa colpiti da malattie. «Ma 26 casi - ha chiarito il generale Tricarico - li abbiamo scartati perché si riferivano a persone mai impiegate nei Balcani né in altre missioni fuori area, oppure affette da patologie non tumorali o di lieve entità».

Oltre al generale Tricarico, la commissione presieduta da Valdo Spini ha ascoltato altri due tecnici, Martino Grandolfo, direttore del laboratorio di fisica dell’Istituto superiore di sanità, e il fisico nucleare Vittorio Sabbatini. «Stiamo cercando - ha detto Grandolfo - di verificare l’incidenza delle malattie tra i militari che hanno partecipato a operazioni nei Balcani e confrontarla con quella del resto della popolazione». Capire, insomma, se è statisticamente «normale» che un certo numero di uomini sotto le armi si ammali.

Difficile attribuire la colpa delle patologie all’uranio impoverito. Perché, secondo il fisico Sabbatini, «in Kosovo la contaminazione del terreno c’è, ma riguarda solo le zone immediatamente intorno all’obiettivo colpito, per un raggio di una decina di centimetri. Se ci si allontana un po’, i valori tornano normali». E poi sono pochi i proiettili rimasti in superficie, «molti si sono conficcati profondamente nel terreno e chi ci cammina sopra non subisce nessuna conseguenza».

Tornando all’inchiesta parlamentare che dovrebbe fare il Senato, il relatore Luigi Viviani (Ds) si rende conto che siamo alla fine della legislatura e rimane poco tempo per svolgere un’indagine seria. L’istituzione della Commissione potrebbe però essere un modo per spingere il prossimo Parlamento a mettere in agenda un’indagine sul caso uranio.

Lo scopo della Commissione dovrebbe essere quello di indagare sul «livello di conoscenza da parte italiana dell'utilizzo di munizioni all'uranio impoverito da parte della Nato nelle vicende belliche nei Balcani» e «sulle misure adottate dalle Forze armate italiane per prevenire eventuali rischi per la salute connessi a tale impiego». L’indagine dovrebbe poi contemplare un’accurata analisi degli effetti provocati nei Balcani dall’uso di munizioni all’uranio impoverito.

Anche la commissione tecnica convocata dal sottosegretario all’Ambiente Valerio Calzolaio sta cercando di capire le conseguenze delle munizioni all’uranio. E suggerisce i metodi più opportuni per avere un quadro chiaro degli eventuali danni causati. Oltre ai controlli su terreno e acqua dei Balcani, la commissione tecnica vuole avvalersi di un progetto presentato dall’Università Roma Tre. L’idea è questa: catturare alcuni roditori nell’area dei Balcani e controllare se le radiazioni hanno avuto effetti su di loro. «I roditori - spiegano gli scienziati - hanno una vita molto più breve dell’uomo e quindi anche un’evoluzione più rapida di eventuali patologie collegate all’inquinamento».

La preoccupazione per la sindrome dei Balcani ha spinto anche la Nato a creare un comitato che oggi si riunisce a Bruxelles per «un’analisi tecnica» della situazione. E sempre da Bruxelles arriva la notizia secondo la quale i 12 militari belgi affetti da gravi patologie avrebbero contratto le malattie a causa dell’arsenico e non dell’uranio impoverito. La contaminazione da arsenico sarebbe avvenuta durante l’addestramento nelle Fiandre. Infine in Gran Bretagna alcuni veterani di Bosnia e Kosovo sono in rivolta per non essere stati informati dai loro capi sui rischi dell’uranio. Hanno chiesto l’apertura di un’indagine. E il sottosegretario alle Forze armate, John Spellar, ha ammesso che è mancata un’informazione adeguata.

Marco Nese