Corriere della Sera, 3 gennaio
Bush dice no al Tribunale penale internazionale
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  WASHINGTON - E’ probabilmente la prima importante decisione di George Bush junior da presidente in pectore degli Stati Uniti. Ed è il «no» alla nascita del Tribunale penale internazionale. Il trattato che istituisce una corte permanente per giudicare i crimini di guerra (immaginato sul modello del tribunale di Norimberga alla fine della Seconda guerra mondiale) era stato firmato il 31 dicembre da Bill Clinton. Ma ora il suo successore fa sapere di non avere alcuna intenzione di trasmettere quel trattato al Senato per la ratifica, dove peraltro avrebbe pochissime possibilità di essere approvato. «Non lo trasmetteremo almeno nella sua forma attuale» ha spiegato il portavoce repubblicano. La corte dovrebbe sviluppare e rendere permanente il bozzolo di giustizia internazionale già esistente all’Aja per giudicare i crimini di guerra commessi nei Balcani o in Ruanda. L’intesa per la sua istituzione era stata raggiunta alla Conferenza di Roma del ’98 ed era stata approvata da 120 Paesi che oggi sono diventati 139. Allora avevano votato «no» in sette tra cui Cina, Israele, Libia, Iraq e, appunto, gli Stati Uniti. «Noi - ha sostenuto il repubblicano - rivedremo il trattato quando saliremo in carica, ma siamo preoccupati perché è nato viziato». Il portavoce di Bush non ha precisato in che cosa consistano esattamente le obiezioni mosse all’accordo sottoscritto in extremis dal presidente uscente. Clinton aveva spiegato di aver voluto firmare per «ribadire il forte sostegno per la responsabilità internazionale, e per portare davanti alla giustizia i colpevoli di genocidio, di crimini di guerra e di crimini contro l'umanità».

Gli Stati Uniti, e soprattutto i Repubblicani, hanno da sempre un atteggiamento negativo nei confronti del progetto di Tribunale. Secondo i critici i poteri ipotizzati a Roma introdurrebbero una «inaccettabile giurisdizione straniera» sui cittadini americani. Ma gli osservatori fanno notare che uno dei principali motivi di preoccupazione deriva dalla possibilità che i piloti Usa impegnati in operazioni militari all’estero divengano così teoricamente perseguibili per crimini di guerra.

Sempre ieri Bush ha completato il suo governo scegliendo gli ultimi tre ministri. Saranno il democratico Norman Mineta (Trasporti), il repubblicano Spencer Abraham (Energia) e Linda Chavez (Lavoro). Nomine che consentono a Bush di conservare nel suo governo la diversità razziale (Mineta è di origine asiatica, la Chavez ispanica, Abraham è di origine araba). E di aprire le porte ad un esponente democratico: Mineta è l'attuale ministro del Commercio del governo Clinton.

R.E.



Commento: insomma ci tolgono ogni dubbio su cosa voglia dire "rogue state".