Corriere della Sera, 31 dicembre
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La Difesa attende la commissione scientifica. Il pm Intelisano chiede i dossier Nato sull’uso delle armi sospette
Uranio, il governo: per ora nessuna prova
La madre del carabiniere morto di cancro: stava benissimo quando è partito per i Balcani

  «Finora non c’è alcuna prova, aspettiamo che gli specialisti dicano con chiarezza come stanno le cose». Il ministro della Difesa Mattarella si rimette alla commissione di esperti presieduta dal professor Franco Mandelli, che dovrà chiarire se le bombe e i proiettili all’uranio impoverito utilizzati nei Balcani sono la causa della morte per leucemia di cinque nostri militari che hanno fatto parte delle missioni di pace (dal ’95 si sono avvicendati circa 60 mila italiani, i casi sospetti sarebbero circa 30). Il procuratore militare Intelisano ha intanto disposto l’acquisizione dei documenti sulla morte del carabiniere Rinaldo Colombo, deceduto per un melanoma dopo le missioni in Bosnia e in Albania, e vuole esaminare i dossier della Nato sull’uso delle armi sospette. La madre del carabiniere racconta: stava benissimo quando è partito per i Balcani.

Alle pagine 6 e 7

Alberizzi, Biondani
Haver, Nese

IL COMMENTO
Il diritto di sapere in tempi brevi E l’Alleanza deve mostrarsi solidale
http://www.corriere.it/edicola/index.jsp?path=TUTTI_GLI_ARTICOLI&doc=GIRO
SEGUE DALLA PRIMA

     Ma non può permetterselo. Non sappiamo se l’uranio impoverito abbia pericolosamente inquinato la Bosnia e il Kosovo, ma sappiamo che esiste ormai un problema d’informazione a cui è impossibile sottrarsi. Non credo alla tesi del complotto di Ustica e sono personalmente convinto dell’innocenza dei generali coinvolti in quella vicenda. Ma temo non abbiano compreso, all’inizio del caso, che il riserbo, a cui l’educazione militare li ha abituati, può avere in queste occasioni un effetto «boomerang». Al di là della responsabilità dei singoli ufficiali, quella vicenda dimostra che quanto più un ministero tace tanto più il caso tende a scappargli di mano. Può riprenderne il controllo con tre iniziative. Dovrebbe affrettarsi a comunicare anzitutto il risultato dei lavori della commissione d’inchiesta e quali altre misure intenda prendere per controllare sistematicamente le condizioni di salute di coloro che hanno prestato servizio, dopo il 1995, in Bosnia e in Kosovo. Dovrebbe, in secondo luogo, associarsi al Belgio (che ha già preso tale iniziativa) per ottenere che il problema venga discusso dai ministri della Difesa dell’Unione Europea. E dovrebbe, in terzo luogo, chiedere al governo americano di aprire i suoi dossier e di mettere sul tavolo le sue carte. Non si faccia scrupoli.

Anche le forze armate degli Stati Uniti, dopo la Guerra del Golfo, hanno dovuto accettare che una commissione del Congresso indagasse sugli effetti di una medicina sperimentale somministrata ai loro soldati per proteggerli contro l’uso dei gas nervini. Anch’esse hanno dovuto accettare, negli scorsi mesi, che la loro stampa si occupasse puntigliosamente di uranio impoverito e chiedesse conto del suo uso. Il Dipartimento americano dell’energia sta cercando di utilizzare quasi 700 mila tonnellate di questo materiale per trasformarlo in prodotti utili o scorie innocue. Ci comunichi il risultato delle sue esperienze, dei suoi studi e dei suoi controlli. E se l’America ci opporrà il segreto militare il governo italiano potrà rispondere che la guerra del Kosovo è stata una impresa comune con rischi comuni. Anche le autorità italiane, come quelle degli Stati Uniti, hanno una pubblica opinione che chiede di essere informata e tranquillizzata. Le alleanze non sono soltanto strumenti utili a vincere una guerra. Sono società fondate sul consenso, la fiducia e la solidarietà di coloro che ne fanno parte. Questa è l’occasione per dimostrarlo.

Sergio Romano