Corriere della Sera, 30 dicembre
Prima pagina
E’ il quinto militare italiano vittima della leucemia, apparteneva alla Legione Lombardia. Venti i casi sospetti
Armi all’uranio: muore un carabiniere tornato dai Balcani
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     Un altro militare italiano reduce dai Balcani è morto di leucemia. La quinta vittima è un carabiniere di 32 anni della Legione Lombardia, che ha perso la vita il 29 settembre nell’ospedale di Busto Arsizio: era stato uno dei primi italiani ad essere impegnato nei territori della ex Jugoslavia. Altri quattro carabinieri, tra cui un ufficiale, sono sotto osservazione. Il numero dei casi sospetti di leucemia tra i nostri soldati sale così a una ventina. Sott’accusa sempre l’uranio impoverito utilizzato dagli americani per aumentare l’efficienza delle bombe. Oggi il procuratore militare Intelisano disporrà l’acquisizione agli atti dell’inchiesta di questo nuovo caso. Il ministro della Difesa portoghese ha disposto accertamenti su tutti i soldati in missione nei Balcani. Il Belgio ha chiesto un’inchiesta Ue. A pagina 11

Ambrosini



La Procura militare indaga su venti casi. Il Belgio chiede all’Unione Europea di condurre un’inchiesta
«Sindrome dei Balcani», un altro morto
Allarme uranio: un carabiniere il quinto reduce italiano della spedizione ucciso dal cancro

     ROMA - E adesso i morti sono cinque. L’uranio impoverito utilizzato dagli americani per migliorare l’efficienza dei proiettili e dei missili lanciati sulla Bosnia tra il ’94 e il ’95 e sul Kosovo nel 1999, potrebbe essere dietro la morte di numerosi militari italiani e di altri contingenti di pace. Fino a poche ore fa i decessi attribuiti a casi di leucemia diagnosticati dopo il rientro nel nostro Paese dei soldati impegnati nei Balcani erano quattro: ieri si è saputo che anche R.C., 38 anni, un carabiniere che era stato nel ’96 in Bosnia e l’anno successivo in Albania, è morto il 29 settembre scorso per un cancro dopo un lungo periodo di cure. Ma sotto osservazione ci sarebbero pure altri quattro carabinieri, tra cui un ufficiale: il totale dei casi sospetti di leucemie tra i soldati impegnati nella missione al di là dell’Adriatico sale così ad oltre venti ed il Procuratore militare Antonino Intelisano disporrà oggi l’acquisizione agli atti dell’inchiesta già aperta dal gennaio scorso delle notizie relative agli ultimi episodi. Anche all’estero le possibili conseguenze dei bombardamenti dei jet statunitensi sulla salute degli uomini dei contingenti inviati nei Balcani hanno suscitato una serie di polemiche e dato il via a numerose iniziative. Il ministro della Difesa belga Andrè Flahaut ha proposto di analizzare a livello europeo i casi di tumore riscontrati nei soldati che hanno operato nell’area: in una lettera inviata al collega svedese Bjorn von Sydow (il cui Paese assumerà da lunedì prossimo per sei mesi la presidenza di turno dell’Ue), il ministro della Difesa belga ha sottolineato come, mettendo insieme dati ed esperienze comuni, si dovrebbe «guadagnare un bel po’ di tempo nel campo della ricerca specifica su questo problema». Secondo Flahaut, inoltre, l’approccio europeo consentirebbe di dare risposte certe ai militari ammalati e, contemporaneamente, di aumentare la sicurezza delle future missioni. Malgrado non siano stati ancora stabiliti legami tra leucemia e contaminazioni da uranio impoverito nelle zone di conflitti bellici, della «sindrome dei Balcani» si è già parlato, oltre che in Italia, in Belgio, Olanda, Spagna e Portogallo. Da Lisbona è arrivata la notizia che il ministero della Difesa sottoporrà i 900 soldati che hanno prestato servizio in Kosovo ad esami per verificare se siano stati contaminati dalle radiazioni dell’uranio impoverito. Il governo ha fatto marcia indietro dopo che i partiti dell’opposizione hanno chiesto di fare luce sulla denuncia presentata dal padre del paracadutista Hugo Felipe de Costa Paulino, morto tre settimane fa dopo il suo rientro dai Balcani. Fonti militari di Lisbona hanno negato che il decesso sia collegato con i proiettili utilizzati dagli aerei alleati ma il padre del giovane ha annunciato che chiederà la riesumazione della salma: sostiene che il figlio aveva accusato gli stessi sintomi dei soldati italiani morti di leucemia

I casi sospetti che riguardano nostri militari sono dunque oltre venti. Casi sui quali sta lavorando pure la commissione medica insediata dalla Presidenza del Consiglio. Di leucemia sono morti Salvatore Vacca (ventitreenne di Nuxis, in provincia di Cagliari, in Bosnia con la Brigata Sassari tra il ’98 ed il ’99), Giuseppe Pintus (originario di Assemini, aveva prestato servizio al poligono di Teulada in Sardegna) e Andrea Antonaci (nativo di Firenze, pure lui impegnato nei Balcani). Stessa diagnosi per un militare della Croce Rossa che aveva partecipato alla missione in Kosovo.

Fino a pochi giorni prima di Natale non c’era stata alcuna conferma ufficiale sull’uso di proiettili all’uranio impoverito durante il conflitto in Bosnia. Il 21 dicembre la Nato ha invece ammesso che nella zona di Sarajevo ne sono stati impiegati 10.800. In Kosovo, su 31.500 pallottole radioattive, ben 14.800 sono state sparate nella zona di Pec, dove poi è stato schierato il contingente italiano. E secondo gli esperti l’effetto sull’ambiente termina solo dopo quattromila anni. I bombardamenti hanno avuto gravi conseguenze anche sulla popolazione: fonti serbe sostengono che a Pancevo, la cittadina che si trova a poca distanza dal confine con la Vojvodina, le morti per leucemia e tumore si sono quintuplicate nell’ultimo periodo a causa dell’uranio nei proiettili.



Commento: se la Svezia vuole sapere la verità, la prima cosa che deve fare è arrestare Hans Blix e interrogarlo. A lungo.