24 dicembre
Corriere della Sera
Esteri
Ma «l’associazione genitori dei soldati di leva» non è soddisfatta e sollecita l’intervento dei giudici
Uranio, sono «pulite» le basi in Bosnia
Primi controlli sul rischio radioattività dopo i bombardamenti della Nato
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     Forse la Nato ha sbagliato mira e non è riuscita a trafiggere la paura sulle sue pallottole all’uranio impoverito. Ma forse non ci ha neppure provato. E non si è preoccupata di sedare i tremori di Italia, Spagna e Portogallo per i casi di leucemia e cancro riscontrati su alcuni reduci dai Balcani. «Non ci sono segreti - ha detto venerdì sera il portavoce dell’Alleanza -. Tutti i Paesi Nato sapevano delle nostre munizioni all’uranio e quando l’Italia ha voluto informazioni precise in materia il quartier generale le ha messe a disposizione». Proprio come aveva detto giovedì il ministro della Difesa Sergio Mattarella in commissione alla Camera. Al ministero non nascondono la soddisfazione: il governo italiano ha chiesto spiegazioni il 27 novembre e le ha ottenute un mese dopo, alla vigilia dell’incontro tra ministro e deputati. Dunque il «rammarico» di Mattarella sul silenzio dell’Alleanza (silenzio durato quasi un mese) aveva ragione d’esistere e rimane. Come rimane il sospetto tragico sui frammenti radioattivi dei proiettili anti-tank che una volta sparsi sul terreno possono diffondere radiazioni per migliaia di anni. Senza dover più aspettare nulla dalla Nato, i governi procedono da soli. Le basi italiane in Bosnia sono state setacciate ieri dagli strumenti rivelatori di radioattività. Se le caserme fossero contaminate, sarebbe un dramma. Le «blande» radiazioni emesse dall’uranio impoverito sono particolarmente pericolose quando sono a contatto diretto con l’organismo o hanno la possibilità di agire a lungo. Per fortuna la caserme italiane di Sarajevo si sono rivelate «pulite». Il «Nucleo biologico e chimico» del contingente in Bosnia, guidato nell’occasione dal contrammiraglio Francesco Andreucci e dal professor Vittorio Sabbatini, non ha trovato niente di preoccupante. Anche Madrid si muove autonomamente. Il ministero della Difesa spagnolo ha fatto visitare in fretta e furia 5mila dei 35mila soldati impegnati in Kosovo. Gli altri saranno visitati tra breve. Anche in questo caso risultato negativo. «Non è emersa alcuna contaminazione ricollegabile all’uranio impoverito adoperato nel conflitto balcanico», ha assicurato il colonnello medico responsabile della sanità delle Forze armate di re Juan Carlos. A dispetto della rapidissima indagine a campione, il colonnello Villalonga è certo di avere le informazioni che servono. Anche perché, spiega, i due soldati spagnoli malati non erano mai stati in «aree contaminate». Le associazioni italiane che difendono i diritti dei militari non sono soddisfatte. Il loro fuoco di fila coinvolge tanto la Nato quanto il governo. «A un anno dal loro rientro - spiega Carlo Di Carlo, dell’Associazione per i diritti dei militari (Assodipro) - parecchi reduci dai Balcani non sono ancora stati sottoposti a controllo. Alcuni sono stati costretti a farsi visitare privatamente. E’ presto per fare nomi, ma a indagini concluse, usciranno allo scoperto per denunciare le carenze, le omissioni e la superficialità con cui sono stati mandati allo sbaraglio». Esplicitamente contro il governo si scaglia Falco Accame, presidente dei familiari delle vittime delle Forze armate (Anavafaf), che subodora tentazioni di insabbiamento. «La commissione d’inchiesta deve essere nominata dal ministero della Sanità, non della Difesa. E’ un problema che non riguarda solo i militari, ma un numero immensamente superiore di civili».

L’Angesol, che rappresenta i genitori dei soldati di leva, invece, chiede per bocca della presidente Amalia Trolio l’intervento dei giudici: «Quanti morti da radiazioni dovranno ancora esserci prima che la magistratura militare e ordinaria si attivino?».

Anche il sottosegretario agli Esteri, Ugo Intini, è preoccupato. C'è stata, scrive in un intervento pubblicato oggi dai quotidiani del Gruppo Monti, «o sottovalutazione o superficialità o cinismo oppure mancanza di esperienza; forse un insieme di tutti questi fattori: fatto sta che l'uranio ha provocato ai militari e alle popolazioni civili danni seri».

A. Ni.