Coordinamento Vittime Uranio Impoverito (25 dicembre 2000)

Premessa

Un gravissimo problema si è posto quando si è appreso che il governo non ha saputo fino a pochi giorni fa che in Bosnia, da parte degli USA, era stato usato l'uranio impoverito nelle operazioni Display Determination del 1994 e nell'operazione Deliberate Force del 1995. In Bosnia non sono stati usati solo proiettili impoveriti all'uranio, come a riferito il Ministro Mattarella ma anche missili da crociera del tipo Tomahawk. Mentre i proiettili contengono circa 300 grammi di uranio, i missili ne contengono circa 300 Kg. Dato che neppure le autorità militari italiane pare sapessero del pericolo presentato dalle armi all'uranio, nessuna norma precauzionale è stata emanata esponendo così a rischi sia il personale militare che civile. Gli Stati Uniti invece avevano emanato rigide misure di protezione per le loro truppe. Disposizioni simili sono state adottate dalle nostre truppe in Kossovo in data 22 Novembre 1999, cioè circa cinque mesi dopo l'invio delle truppe.

Da notare che sia nelle disposizioni di sicurezza USA che in quelle Italiane è scritto che l'uranio impoverito può PROVOCARE TUMORI E MALFORMAZIONI NELLA NASCITA. Il che è in totale contrasto con tutti coloro che affermo che non vi sono rischi per la salute a causa dell'uranio.

La tesi governativa secondo cui l'apparato della difesa Italiana nulla sapeva è del tutto inaccettabile perché dopo la guerra nel Golfo un gran numero di reduci USA è stato colpito da varie patologie e di ciò gli Italiani sono stati edotti perfino da reportage televisivi. Negli Stati Uniti (ma anche in Canada e in Gran Bretagna) sono stati prodotti una grande quantità di studi sulle patologie che possono essere legati alla contaminazione dell'uranio impoverito. Cirva un mese fa si è tenuta una conferenza mondiale a Manchester circa i pericoli dell'uranio impoverito.

Incomprensibile quindi perché il Governo abbia chiesto in data 27 Novembre 2000 informazioni alla NATO sull'eventuale uso di uranio impoverito in Bosnia, anche perché le operazioni in Bosnia non sono state condotte sotto l'insegna della NATO.

Per altro a livello militare è assolutamente inconcepibile che gli USA -quando operano nell'ambito di un comando interforze- non forniscano agli alleati (tra cui l'Italia) indicazioni sulle operazioni militari che essi compiono. Se ciò non si verifica si tratta di una violazione di estrema gravità delle norme relative alla condotta di operazioni congiunte.

A parte ciò è inconcepibile che i Servizi di Segreti di Informazione delle Forze Armate (SIOS) che operano in zona non si accorgano dello svolgimento di operazioni nelle quali vengono impiegati armi all'uranio, pur nella ipotesi assolutamente improbabile che non siano state fornite informazioni ufficiali.

Come pure è inconcepibile che non si accorgano della presenza di uranio le squadre di decontaminazione che pure operano congiuntamente ai reparti impiegati nelle operazioni (naturalmente se gli apparati erano idonei alla rilevazione di uranio impoverito e se erano funzionanti e se il personale era preparato a un loro corretto impiego).

Quanto poi al fatto che i proiettili perforanti usati negli aerei A10 e i missili Tomahawk contenessero uranio, ciò era noto a tutti i livelli militari perché in campo alleato c'è un completo scambio di informazioni sui mezzi impiegati e perché la descrizione dei mezzi è riportata nelle pubblicazioni dell'archivio militare. Dunque è inammissibile che i militari non siano stati al corrente. Riguardo al fatto che non siano stati informati i Ministri della Difesa e quindi il Governo questo non lo sappiamo. Certo è stato grave che queste informazioni non siano state fornite, anche perché era certamente responsabilità dei Ministri della Difesa e del Governo accertarsi sugli degli eventuali rischi che i reparti potevano correre.

Ovviamente ne doveva essere informato il Parlamento chiamato a prendere decisioni in merito. Come pure l'opinione pubblica e in particolare i diretti interessati nello svolgimento delle missioni e le loro famiglie.

Peraltro il Presidente del Consiglio -a cui fanno capo i Servizi Segreti- doveva essere anche direttamente informato da questi su tutta la materia. E' ovvio che i Ministri della Difesa potevano informarsi anche direttamente attraverso una semplice telefonata all'addetto militare dell'Ambasciata USA a Roma.

Il problema che si è posto dopo il primo caso di morte sospetta, quella del Caporalmaggiore Giuseppe Vacca in Sardegna, avrebbe di per sé richiesto immediati approfondimenti da parte del Ministero della Difesa visto che da più parti era stato chiamato in causa l'uranio impoverito. Invece in risposta a tutte le interrogazioni parlamentari concernenti la vicenda, è stato affermato da parte governativa che non poteva esserci alcuna relazione tra le patologie che si erano manifestate nel caso Vacca e l'uranio impoverito, IN QUANTO QUESTO NON ERA STATO USATO IN BOSNIA. Informazione che solo adesso è stato ammesso essere falsa. La morte del militare Pintus, che aveva operato nel poligono militare di Teulada, fece anche in questo caso sorgere il sospetto di una connessione con l'impiego di uranio nel Poligono. In merito è stato negato che le Forze Armate Italiane abbiano a disposizione armi all'uranio impoverito. Non sappiamo se ciò sia del tutto vero ma comunque i poligoni sono utilizzati da molti paesi alleati tra cui gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna che dispongono di armi all'uranio impoverito.

Inoltre, come si sa, non è possibile nessun controllo di ciò che accade nelle basi alleate. La vicenda del Cermis lo conferma. Infatti non è stato possibile controllare la quota di volo dell'aereo Prowler che anziché ai duemila piedi stabiliti volava a centocinquanta piedi. Così come non è possibile sapere se nelle basi straniere in Italia siano custodite armi nucleari o mine anti- uomo. Comunque, certamente, non esisteva alcuna proibizione ai paesi stranieri di usare armi all'uranio visto che solo il 22 dicembre del 2000 la Difesa ha appreso dalla Nato della pericolosità di queste armi. La terza morte di un militare per la sospetta contaminazione da uranio, quella del Sergente Anonaci che aveva operato in Bosnia, ha destato una particolare preoccupazione perché l'Antonaci che aveva operato come geometra in zone dove vi erano palazzi distrutti da bombardamenti.

Pochi giorni or sono il Ministro della Difesa ha ordinato la costituzione di una commissione di Inchiesta. Tuttavia trattandosi di una commissione di inchiesta che si inserisce nel filone delle indagini sui possibili danni alla salute causati dall'uranio e tenuto conto della costituzione fisica dei militari che non è diversa da quella dei civili, il Governo avrebbe dovuto affidare l'indagine al Ministro della Sanità e non quello della Difesa.

Quanto poi alla Commissione stessa si deve notare che di essa sono stati chiamati a far parte oltre un generale medico, due esperti in radiazioni atomiche, uno appartenente al CISAM (ente che opera nell'ambito militare) e l'altro all'AMPA (ente che opera nell'ambito dell'energia atomica). Peraltro questi esperti hanno già rilasciato dichiarazioni secondo le quali l'uranio impoverito non presenta pericoli di sorta dal punto di vista delle radiazioni.

Va tenuto comunque presente anche l'aspetto chimico l'aspetto chimico perché la pericolosità dell'uranio è legata alla deflagrazione che genera fumi epolvere delle armi dei proiettili con gli obbiettivi. Tutto ciò a parte, è prevedibile che tre membri su cinque esprimano opinioni in un determinato senso. Il che fa ritenere comunque necessaria una modifica della composizione della commissione stessa. Per altro c'è da chiedersi se, visto che le Forze Armate hanno impartito disposizioni di sicurezza nelle quali è esplicitamente ricordato che l'uranio impoverito può provocare tumori e malformazioni una commissione possa pervenire a pareri diversi. Ciò ammesso e non concesso che i giudizi espressi nell'ambito delle norme di sicurezza siano stati formulati con superficialità e leggerezza, non solo da parte nostra, che siamo gli ultimi venuti nel campo dell'uso bellico dell'uranio impoverito -ma anche da parte degli Stati Uniti- che dopo l'esperienza della guerra del Golfo hanno elaborato norme simili già fin dall'impiego in Somalia dei loro reparti.

Allo stato dei fatti si pongono dunque una serie di problemi che sono di interesse per molti enti in ambito civile cui sta a cuore il problema della sicurezza rispetto a possibili contaminazioni da uranio impoverito. E' importante stabilire un coordinamento tra questi vari enti per concordare delle operazioni congiunte su alcuni temi che risultino di comune interesse.

Membri del Coordinamento

Tra gli enti di cui finora si conoscono le intenzioni in questo campo vi sono i seguenti:

Il Comitato Gettiamo le Basi di Cagliari;
Il Comitato Contro la guerra di Cagliari
L'ANAVAFAF di Colleferro - Roma
L'ANGESOL di Padova
L'ASSODIPRO di Udine
La Fondazione Pasti di Roma
L'Osservatorio Etico Ambientale di Ronchi dei Legionari
e forse PeaceLink e Pax Christi.

Aree di azione del Coordinamento

Alcuni degli scopi che il coordinamento potrebbe prendere in considerazione congiuntamente (lasciando per altro liberi i singoli enti circa iniziative specifiche) potrebbero essere i seguenti:

a) azioni per l'abolizione delle armi all'uranio impoverito;
b) azioni per i risarcimenti a tutti coloro che possono avere subito danni;
c) azioni per sollecitare la magistratura sul tema della mancata segnalazione tempestiva ai reparti circa i possibili pericoli derivanti dall'uranio impoverito;
d) azioni volte a conoscere tutti i casi sospetti
e) azioni volte a individuare le responsabilità ai vari livelli.

Si invia questa nota informativa a tutti i potenziali aderenti di un coordinamento perché forniscano critiche, osservazioni, consigli rispetto a quanto scritto e per segnalarci l'eventuale volontà di adesione.

Una volta individuati gli enti che vogliano far parte del coordinamento si cercherà di indire una riunione in una località che risulti la più facilmente raggiungibile da parte degli interessati al fine di stabilire le modalità da seguire nel lavoro comune.

Grati per una vostra sollecita risposta.

Falco Accame
Via Sutri, 19 Roma 00191
Tel & Fax: 06 333 16 89
Cell. 0347 36 96 481
oppure
sede ANAVAFAF: 06 9701182, 06 9780145