"La Repubblica" domenica 2 ottobre 1994
Cronaca
Il carcere alternativo
di GUIDO NEPPI MODONA

NELL'AGGROVIGLIATO scenario dei numerosi e gravi nodi irrisolti della giustizia penale si incomincia a intravedere qualche spiraglio di luce. Nella seduta di martedì della Commissione Giustizia del Senato sono infatti emerse due indicazioni sul metodo dei lavori assai promettenti: i problemi della giustizia non sono prerogativa della maggioranza di governo, ma richiedono l'apporto ed un confronto costruttivo con le opposizioni; per la messa a fuoco delle varie soluzioni si è deciso di avvalersi dell'esperienza degli operatori giudiziari - giudici ed avvocati - e dei docenti universitari che verranno chiamati ad esporre le loro opinioni in apposite udienze conoscitive davanti alla Commissione Giustizia.

La prima indicazione supera la riduttiva concezione della giustizia come uno dei tanti momenti di scontro tra maggioranza ed opposizione, che ha purtroppo caratterizzato le infelici iniziative dei primi mesi del Governo Berlusconi. Questa consapevolezza non ha nulla a che vedere con forme più o meno mascherate di consociativismo: è la semplice presa d'atto che la giustizia è un bene fondamentale dell'ordinamento democratico, un'aspirazione che coinvolge la generalità dei cittadini, e che le risposte al gravissimo stato di crisi devono essere date da tutte le componenti del sistema politico, fuori dalla logica degli schieramenti di partito. La decisione di avvalersi dell'esperienza professionale e culturale degli operatori del diritto è il segno che lo strappo tra i magistrati del pool "Mani Pulite" ed il sistema politico, conseguente alla proposta di una via d'uscita legislativa da Tangentopoli, è ormai ricucito: errori di metodo dei primi ed eccessive reazioni di "dignità offesa" del secondo sono destinati a ricomporsi in Parlamento, sede esclusiva della produzione legislativa e della rappresentanza della volontà popolare. E' invece motivo di preoccupazione che la Commissione Giustizia del Senato non sia riuscita a stabilire una scala di priorità ed un calendario dei lavori: di fronte all'enorme quantità ed alla difficoltà dei temi posti sul tappeto, non si può ragionevolmente pensare di affrontare contestualmente problemi di fondo quali la revisione dell'ordinamento giudiziario e forense, la divisione delle carriere tra pubblico ministero e giudice, l'organizzazione della professione di avvocato, la giustizia civile, e nello stesso tempo risolvere gli aspetti più circoscritti e contingenti della crisi, quali la via d'uscita legislativa da Tangentopoli, il sovraffollamento carcerario, il maggior equilibrio tra accusa e difesa ed il recupero della terzietà del giudice nel corso delle indagini preliminari. Di fronte al rischio di una paralisi dovuta all'ingorgo di troppi problemi, la validità del metodo politico e culturale proposto dalla Commissione Giustizia potrebbe essere utilmente ed immediatamente sperimentata sui temi più urgenti: diminuizione del numero dei detenuti, via d'uscita legislativa da Tangentopoli, tempestiva entrata in vigore del giudice di pace e della parziale riforma del processo civile.

LIMITANDOSI per ora al problema penitenziario, una stimolante proposta elaborata dalla Regione Emilia-Romagna e personalmente inviata dal Presidente della Giunta Regionale al Presidente del Consiglio, offre l'occasione di tornare ad occuparsi del gravissimo problema del sovraffollamento carcerario, che sembra essersi arenato tra due alternative senza sbocco. Da un lato la linea dura di chi propone un piano straordinario per l'edilizia penitenziaria, per ospitare in condizioni più umane gli attuali 53.000 detenuti; dall'altro la proposta dei Guardasigilli Biondi di sfoltire la popolazione carceraria mediante un ricorso generalizzato alle misure alternative alla detenzione. La prima via innescherebbe una spirale senza fine: a prescindere dai tempi e dai costi che comporterebbe la realizzazione di un vasto piano di edilizia penitenziaria, ove non si tocchino le scelte di fondo del sistema sanzionatorio il numero dei detenuti è destinato ad aumentare in progressione geometrica e nel giro di pochi anni le nuove carceri sarebbero sovraffollate come quelle attuali. La seconda alternativa aumenterebbe gli elementi di schizofrenia, in termini di incertezza, imprevedibilità e diseguaglianza, che già ora caratterizzano la pena detentiva: il giudice del processo condanna alla pena carceraria, e poi ad un altro giudice, quello di sorveglianza, si chiederebbe di tirare fuori di galera migliaia di detenuti ritenuti non pericolosi alla stregua di valutazioni assolutamente discrezionali. Le misure alternative alla detenzione si trasformerebbero, più di quanto già ora non siano, in strumento improprio di deflazione del sovraffollamento del carcere.

EBBENE, la Regione Emilia Romagna, forte di un'esperienza decennale di interventi locali nel settore carcerario, ha proposto due soluzioni che dovrebbero suscitare il massimo interesse del legislatore: da un lato attribuire all'istituendo giudice di pace la competenza ad occuparsi di quelle migliaia di comportamenti criminali di scarso rilievo che oggi intasano la giustizia penale, mediante forme di mediazione e di risoluzione dei conflitti diverse dal processo e dalla sanzione penale; dall'altro offrire ai condannati a pene detentive al di sotto di una certa soglia- sempreché non si tratti di reati collegati alla criminalità organizzata o che suscitino grave allarme sociale- la scelta tra scontare la pena in carcere o svolgere gratuitamente un lavoro di pubblica utilità in regime di semidetenzione (lavoro durante il giorno, pernottamento in speciali strutture carcerarie a custodia attenuata), per una durata pari a due terzi della pena detentiva da scontare. Al di la dei profili anche ideologici e sociali di grande rilievo e della sua concretezza, la proposta prefigura un innovativo modello di cooperazione tra ente locale ed amministrazione penitenziaria (sarebbero infatti le regioni ad organizzare il lavoro di pubblica utilità) e nello stesso tempo apre la via ad un'ulteriore forma di sinergia per risolvere i problemi della giustizia: il confronto costruttivo tra maggioranza ed opposizione verrebbe arricchito dal contributo degli enti locali territoriali, più vicini alle esigenze di chi si scontra ogni giorno con le carenze dell'amministrazione della giustizia e con il bisogno di sicurezza del territorio.