MESSAGGIO SPEDITO DA Angelo Baracca - Scienza e Pace

Carissimi,

il nucleare e' anche il mio ... debole: apprezzo molto i due messaggi di Massimo, con cui concordo in larga parte, anche se certe cose io le direi con tono antinucleare, e ne vorrei dire alcune altre. Insomma, non posso sottrarmi dallo scrivere a mia volta un messaggio un po' lungo, anche se cerchero' di contenermi.

 Fin dai tempi delle lotte antinucleari degli anni '70 e '80 mi trovavo in netto disaccordo con quasi tutti gli antinucleari, che insistevano prioritariamente sui problemi della sicurezza e dei danni alla salute. Non perche' io non pensi che siano problemi, e gravi, ma perche' penso che non siano i nodi centrali del problema (oltre al fatto che il catastrofismo - alla Tiezzi, per intenderci - non serve, e spinge semmai la gente a rimuovere un problema piu' grande di lei).

 Secondo me il nodo centrale e' quello del "modello di sviluppo" (brutto termine, che uso per brevita'), e del modello energetico che gli e' connesso (anche se, ancora una volta, non concordo con schemi di un "modello nucleare" e un "modello solare": ci sono infinite sfumature, le energie rinnovabili - e anche qui rifiuto il termine di "alternative" - possono essere utilizzate nel modo peggiore!).

 Il nucleare e' parte integrante di un'intera struttura e strategia  economiche, che comprendono il civile e il militare, indissolubilmente connessi. Non solo perche' la "non-proliferazione" e' una gran balla, come dimostrano Israele, il Sud Africa (quando lo era, poiche' e' il solo paese che ha smantellato il militare), India, Pakistan, Irak (non a caso Israele bombardo' il reattore di Osirak in costruzione), ecc.

 Considerate il problema del costo del kWh nucleare, che si puo' tirare da una parte e dall'altra come la trippa, accusandosi di considerare o non considerare certi fattori. Perche' negli USA non si costruiscono nuove centrali da quasi 30 anni, mentre la Francia e' il paese che piu' ha sviluppato il nucleare? A mio parere la risposta e': negli USA l'industria elettrica (civile) e' privata e si e' ben resa conto che il nucleare CIVILE, tutto sommato, NON E' economico; mentre il militare e' dello Stato. In Francia invece l'industria elettrica e' dello Stato, lo stesso che l'ha integrata nella realizzazione e lo sviluppo della "force de frappe": un' economia nucleare integrata, dunque, con risparmi di scala e di costi (il personale, per dirne una). La convenienza del nucleare in Francia e' dovuta secondo me a due fattori, E' UNA SCELTA: il primo e' quello che dicevo, il secondo e' la dimensione, il nucleare come scelta di fondo, strategica, senza compromessi!

 Non ha senso quindi, secondo me, il problema della competitivita' del nucleare "civile" come problema astratto. Il Pakistan avra' certamente trovato la sua convenienza nel nucleare, anche se gli sara' costato moltissimo, perche' lo ha scelto per fabbricare la bomba! E' stata una SCELTA, altrimenti credo che se ne sarebbe ben guardato.

 Ma torniamo ad una pese, come il nostro, che costruirebbe centrali solo per uso civile (anche se ci sono problemi non eliminabili, su cui non so se qui vi annoiero', in primo luogo il PLUTONIO). Il problema della dimensione del nucleare non e' di poco conto. Tra i dibattiti che feci negli anni '80 uno mi dette particolare soddisfazione, con un progettista nucleare di Pisa, per di piu' del PCI, di cui ora non ricordo piu' il nome. Una delle critiche che gli feci fu che l'Italia progettava la realizzazione di un numero piuttosto limitato di centrali, e che questo non poteva essere economicamente conveniente e competitivo: convenne pienamente con me!

 Un esperto come Ugo Farinelli, che non e' certo antinucleare, credo che convenga (non voglio fargli dire cose non sue, ma mi pare da un colloquio che ebbi anni fa) che in Italia conunque il nucleare civile non si puo' fare.

 Oggi poi questo aspetto economico e' ancor piu' complicato. Ormai anche i nucleari convinti convengono che non si possono piu' costruire le centrali tradizionali, ma bisogna sviluppare una nuova filiera di centrali "intrinsecamente sicure". Ma proprio qui ritengo che l'impresa sia economicamente irrealizzabile (questo e' il punto su cui piu' mi discosto da Massimo, col quale spero di poter discutere). Se il nucleare civile, quale si e' sviluppato nel passato, ha potuto realizzarsi nelle forme limitate che sappiamo (non come si vagheggiava nel 1955) - ancorche' economicamente non competitivo da solo - e' perche' la ricerca di base e la costruzione e il collaudo dei prototipi erano stati sostenuti dai militari: l'insicurezza intrinseca delle centrali nucleari derivava in gran parte dal fatto che si era copiata tout court la sruttura collaudata per le centrali militari (per le quali la sicurezza non era il requisito fondamentale). Queste cose non le dico io, ma le scriveva un progettista nucleare di primo piano come Richard Lester del MIT su un settimanale de "La Repubblica" attorno al 1990.

Ora, il mio argomento e': Come si puo' pensare che nella fase di grande difficolta' economica mondiale che attraversiamo, sia economicamente fattibile e redditizio il processo di ricerca, realizzazione e collaudo di prototipi di reattori di nuova concezione, fatto dall'industria senza connessioni e appoggi dai militari? A me sembra un onere insostenibile! (Che ne pensi Massimo?). Anche perche' per essere realizzato dovrebbe avere la garanzia a priori che gli Stati commissioneranno centinaia di queste centrali: il che' non puo' essere affatto certo!

 Senza contare i tempi: si tratta di costruire prototipi, collaudarli, farli funzionare, poi realizzare una filiera commerciale. Se il solare si ritiene non ancora competitivo (su questo ritornero'), il nucleare intrinsecamente sicuro non mi sembra dietro l'angolo. (Per inciso, e' anche UNO dei motivi per cui sono contrario alle ricerche sulla fusione nucleare: a parte che non sarebbe un'energia "pulita", mi pare un miraggio! Tra realizzazione in laboratorio, progetto e costruzione di prototipi, realizzazione di una filiera commerciale, vogliamo parlare come minimo di 30 - 40 anni? Questa sarebbe una prospettiva? Soldi buttati, come tanti nella ricerca, che servono solo per delle cattedre).

 Poi nei messaggi scambiati nessuno e' tornato sui problemi delle scorie e del Plutonio. So che Massimo ha idee sul bruciare il Plutonio nelle centrali. Io ci credo poco, e poi richiederebbe di perpetuare la scelta nucleare e di svilupparla ulteriormente. Ci sono centinaia (non voglio sparare numeri, c'erano i dati in un messaggio che inviai la settimana scorsa a Massimo: mi pare 1400) di tonnellate di combustibile esaurito, 300 tonnellate di plutonio MILITARE (weapon grade) che deriverebbe dallo smantellamento degli arsenali. Avete voglia di bruciarlo! Io credo che abbiamo creato un problema insolubile per le future generazioni!

 Sulle fonti rinnovabili. Sono d'accordo sui dati di Massimo, ma non credo che siano tanto lontane: anche qui e' questione di scelte. Il fatto che non siano ancora economicamente competitive e' in larga misura un pretesto. Provate a mettere in un grafico l'andamento dei costi del petrolio e degli investimenti nel solare nei decenni '70 e '80: vedrete che quando impennarono i costi aumentarono anche gli imnvestimenti nel solare (e aumentarono notevolmente i rendimenti e diminuirono i costi delle celle solari: avevo dei dati, ma non qui), appena caddero lo fecero anche quegli investimenti!

 Quante cose si fanno e non sono economicamente convenienti (pensate che se si fara' il ponte sullo Stretto di Messina sara' per convenienza economica della collettivita'? Ma pensate piu' semplicemente alla TAV: saranno 150 mila miliardi di lire buttati, o meglio regalati dallo Stato ai privati; dovreste trovare e leggere il libro di Ivan Cecconi, "Storia del Futuro di Tangentopoli", ve lo raccomando).

 E poi e' aperto il dibattito sulla revisione ambientale della teoria e dei criteri economici: come introduciamo e valutiamo i costi ambientali? Quanto ci costeranno i problemi ambientali, di cui parla anche Massimo? Che risparmio avremmo in futuro se spendessimo di piu' oggi per adottare le energie rinnovabili? Senza contare i vantaggi che avrebbero paesi come il nostro se, invece di scimmiottare gli USA nei campi di ricerca sedicenti "avanzati" e condannarsi ad un'eterna dipendenza, si buttassero decisamente e pienamente in settori nuovi! (Ma - per dirne solo una, che in qualche modo mi coinvolse - il Nuovo Pignone di Firenze, industria avanzata a livello mondiale nelle turbine, fu venduto agli USA!).

Il problema con le energie rinnovabili e' che dobbiamo pensare su una scala diversa. Non perche' "il piccolo e' bello" (non mi piacciono mai gli schemi), ma perche' non si puo' pensare alle energie rinnovabili (come al risparmio, sono pienamente d'accordo Massimo) secondo grandi progetti, grandi opere (quelle che in Italia bisognerebbe smettere di fare). Qui pero' il discorso e' lungo e ve lo risparmio.

Ma su un ultimo punto vorrei ancora dire qualcosa: sul problema dello SVILUPPO. Questo e' un nodo cruciale, per il futuro dell'umanita'. Il concetto di sviluppo nacque nel dopoguerra, con la decolonizzazione, legato all'idea (di cui si capiscono subito i motivi) che esista un solo tipo di sviluppo e che tutti i paesi debbano percorrere le stesse tappe. Abbiamo visto i risultati: il gap tra paesi ricchi e poveri, tra popoli ricchi e poveri, aumenta invece che diminuire.

Secondo me occorre rovesciare completamente il concetto, e il termine "sviluppo" andrebbe bandito (anche se non so ancora con cosa sostituirlo). L'attuale crisi dei prezzi petroliferi dovrebbe essere presa come epocale: mostra tutto l'assurdo dei paesi ricchi che hanno potuto "svilupparsi" e "sostenersi" SOLO depredando i paesi piu' poveri (non solo del petrolio, naturalmente); uno sviluppo piu' SQUILIBRATO e INSOSTENIBILE non si potrebbe immaginare! Rovesciamo il discorso allora. I paesi piu' "sviluppati" in realta' sono i piu' poveri, perche non potrebbero sostenersi in alcun modo con le risorse proprie! I paesi piu'"arretrati" sono quelli che- malgrado tutte le depredazioni coloniali e post-coloniali - conservano ancora la maggiore quantita' di risorse "intatte" (si fa per dire: comenque "meno compromesse", ancora utilizzabili). Allora sono proprio questi ultimi che potrebbero (USA, NATO, FMI, BM, WTO permettendo!!!!!!) imboccare strade nuove, cercare di realizzare economie realmente auto-sostenibili, criteri economico-ambientali-sociali nuovi. E il "Nord" del mondo? AFFARI SUOI, potrei dire! (ossia nostri: ma pensiamo a tanti nostri ambientalisti "DOC"che amano viaggiare nei paesi tropicali sottosviluppati, ma PRETENDONO DI AVERE L'ARIA CONDIZIONATA!). E qui credo di dissentire da Massimo. I problemi sono due, indissolubilmente legati.

Credo che i problemi ambientali saranno insolubili e veramente drammatici se i paesi ricchi non cambieranno radicalmente il loro modello energetico: e qui sarebbe salutare se i produttori di petrolio chiudessero davvero completamente i rubinetti! ALLORA SI' CHE SI VEDREBBE SE LE FONTI RINNOVABILI SONO ECONOMICAMENTE CONVENIENTI, ALTRO CHE STORIE! Tutti i discorsi sullo "sviluppo sostenibile" fatti a casa nostra sono balle belle e buone (pensiamo ai protocolli di Kyoto e ai meccansimi banditeschi di compensazione delle emissioni). Dove sono le politiche di Risparmio? Dove sono i calcoli dei costi energetici e ambientali, sulla durata, sulla riciclabilita', dei prodotti che si commercializzano? Dove sono provvedimenti elementari sugli imballaggi?

I paesi "poveri" avrebbero invece la grande chance. E qui le energie rinnovabili possono avere sviluppi fenomenali. Potrei raccontarvi le cose che si fanno a Cuba, ma non ora, ed anche per non "incensare" un paese di cui approvo moltissime cose, ma che mi fa incavolare quotidianamente ad ogni passo (perche' in Italia invece ...!).

Con questo chiudo. Scusatemi. Ciao (se qualcuno ha letto fin qui)

Angelo



Vedere anche:
Angelo Baracca
LO SVILUPPO DELLA FISICA A CUBA
http://albinoni.brera.unimi.it/Atti-Como-96/baracca.html