Uranio Impoverito: Andreotti parla al Senato (10 gennaio)

SENATO DELLA REPUBBLICA - XIII LEGISLATURA - 995ª SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO SOMMARIO E STENOGRAFICO - MERCOLEDÌ 10 Gennaio 2001
(Antimeridiana)
Presidenza del presidente MANCINO, indi del vice presidente ROGNONI e del vice presidente FISICHELLA

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 ANDREOTTI (PPI). I dati da lungo tempo disponibili a livello scientifico sugli effetti dell'utilizzo delle armi ad uranio impoverito impongono di continuare a lavorare affinché anche esse vengano inserite tra quelle messe al bando, per la stretta analogia con gli effetti delle armi chimiche. Invita pertanto il Governo a proseguire con coerenza nella sua azione volta ad interdirne l'uso a livello planetario, come del resto previsto da un documento delle Nazioni Unite del 1996, e a favorire la convivenza etnica e la definitiva pacificazione nell'area balcanica. (Applausi dai Gruppi PPI, DS, UDEUR e Misto-CR e dei senatori Gubert, Vertone Grimaldi e Lorenzi. Congratulazioni).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Andreotti. Ne ha facoltà.

ANDREOTTI. Signor Presidente, colleghi, io non sono né un tecnico di fisica né un medico, quindi non ho delle opinioni personali da poter far valere. Ringrazio il Ministro per la sua relazione, che naturalmente deve essere ispirata anche a prudenza e attenzione, questo è ovvio, però penso che forse una conclusione operativa possa e debba essere tracciata.

 Molte volte non occorre avere documenti riservati. L'anno scorso, in giugno, ha avuto luogo presso il Politecnico di Torino un convegno su questo argomento, i cui atti sono stati pubblicati, che ha fornito una serie di informazioni e di risposte molto esaurienti, in un quadro che si ricollega obiettivamente alla lunga battaglia che è stata fatta per la messa al bando delle armi chimiche, per una effettiva analogia che esiste; una battaglia che fu difficile.

 La Conferenza sul disarmo aveva una struttura ad hoc a Ginevra nella quale le resistenze erano moltissime, forse anche per l'allora situazione internazionale, che fortunatamente oggi non è tale da doverci preoccupare. Per ben due volte, il ministro degli esteri tedesco Genscher ed io stesso dovemmo andare a Ginevra ad intervenire per suscitare un andamento favorevole e per eliminare l'abitudine che vi era ai continui rinvii. Inoltre, il Governo italiano, con una riunione di scienziati internazionali che si tenne nel 1988 a Villa Madama, dette un contributo obiettivo di carattere scientifico alla liceità dell'impostazione portata avanti da coloro che erano a favore della messa al bando delle armi nucleari. La necessità che questo tipo di armi all'uranio impoverito sia compreso in quell'elenco mi pare obiettivamente implicita.

 C'è uno strano documento al riguardo. Come sapete, la NATO, che era stata denunciata al Tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia in relazione alle operazioni effettuate, è stata prosciolta; ma nel documento del Tribunale internazionale si afferma: «I gusci di uranio impoverito attorno ai proiettili anticarro, secondo le denunce, hanno effetti di contaminazione, tuttavia non entrano nella lista delle armi proibite e non c'è consenso internazionale sulla loro pericolosità.». Questo non è un documento scientifico né politico; ritengo però che lavorare per l'inserimento delle armi ad uranio impoverito nell'elenco delle armi proibite abbia una sua logica intrinseca e sia necessario. Tanto più che, proprio in un documento ufficiale del segretario generale della NATO, signor Robertson (una lettera al Segretario generale delle Nazioni Unite del febbraio dello scorso anno, prima del convegno cui ho fatto precedentemente riferimento), si forniscono dati relativi al Kosovo menzionando il lancio di 31.000 proiettili, pari a 10 tonnellate di questo prodotto, i cui effetti – se ne discute nella nostra Commissione e in altre sedi sul piano medico-scientifico – devono essere verificati, a mio avviso, non soltanto sulle persone ma anche sul territorio. Il Ministro ha fatto un cenno alle acque, per fortuna positivo, ma occorre capire bene che cosa significa per il territorio, nell'immediato e a scadenza, l'aver recepito 10 tonnellate di uranio impoverito. Ciò solleva dubbi fortissimi.

 Il nostro compito però non è cronistorico ma, piuttosto, politico. Dobbiamo incoraggiare la linea che è stata sostenuta nei giorni scorsi: nella ricerca di una certezza di carattere obiettivo e per un senso di opportunità politica e morale, dovrebbe essere nel frattempo interdetto dovunque l'uso di queste armi. Ho adoperato l'avverbio «dovunque» per riferirmi anche all'Iraq, un Paese coinvolto in questa vicenda, secondo le notizie apprese dai giornali, con una guerra che non è considerata tale. Del resto anche quella in Kosovo non è stata ufficialmente una guerra e non so, tra l'altro, se i figli di coloro che sono morti sono considerati orfani di guerra o no; è un problema che pure andrà studiato, a prescindere dall'argomento che oggi affrontiamo.

 Credo sia necessaria un'azione nelle sedi proprie, l'Alleanza atlantica e le Nazioni Unite, le quali nei loro atti hanno già un documento del 1996 nel quale si parla della necessità di eliminare la produzione e la diffusione di armi di distruzione di massa e con effetti indiscriminati, in particolare le armi nucleari, le armi chimiche, il napalm, le bombe a frammentazione, le armi biologiche e le armi contenenti uranio impoverito.

 Non si tratta di una richiesta esorbitante; qualcuno, con una speculazione di lega piuttosto bassa, ha sostenuto che abbiamo suscitato le ire degli americani che avrebbero chiuso l'ambasciata per questo motivo. Ciò fa parte, a mio avviso, della cronaca macabra, ma umoristica, di fine d'anno.

 Questi sono problemi seri, venuti a conoscenza dell'opinione pubblica; abbiamo dunque la necessità – e il Ministro se ne è dato carico – sia di evitare qualunque momento di panico e di disorientamento all'interno delle Forze armate sia di adottare un'azione politica.

 E poi, vorrei anche aggiungere una considerazione. In Commissione esteri, qualche settimana fa, abbiamo ricevuto la dirigente dell'agenzia dell'ONU per i rifugiati, che veniva in visita di congedo. Le abbiamo posto il quesito: i serbi che sono stati cacciati dalle loro terre, nel momento del conflitto in Bosnia, nella Kraijna e nella parte della Slavonia, sono rientrati o non sono rientrati? Purtroppo – ci ha detto – l'accordo di Dayton in questo non si è potuto realizzare. Nel Kosovo certamente non c'è più il signor Milosevic che fa operazioni di persecuzione nei confronti degli albanesi, però i serbi dove sono? La grandissima parte è andata via e per una parte non piccola sono stati uccisi.

 Non vorrei rifarmi a una frase che suscitò tante polemiche a suo tempo, quella di Benedetto XV sulla «inutile strage», però dinanzi a una situazione di difficile convivenza etnica, se la convivenza è appoggiata solo sulla presenza di truppe, certo transitoriamente è un bene, ma non può essere una soluzione di carattere definitivo. Le soluzioni, posto che si trovino, vanno ricercate altrove.

 Ritengo che dobbiamo ringraziare il Ministro per averci fatto questa relazione e dobbiamo mettere a carico suo e del Ministro degli esteri anche la necessità di non demordere, di non fare come qualche volta facciamo, che i problemi ci emozionano per un certo tempo, ci interessano, poi uno strano cancellino li toglie dalla lavagna e ci dedichiamo ad altri argomenti. Su questo non credo che dovrebbe esserci consenso; certamente non ci sarà mai da parte mia. (Applausi dai Gruppi PPI, DS, UDEUR e Misto-CR e dei senatori Gubert, Lorenzi e Vertone Grimaldi. Congratulazioni).



Commento: più chiaro di così. Anche Pino Arlacchi sarebbe in grado di accorgersene: mafia-nuclearista = "La Piovra" numero undici.

Vedi: La mappa della uranio-connection