Associazione Nazionale Assistenza Vittime
Arruolate nelle Forze Armate e Famiglie dei Caduti

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Roma, 18 aprile 2000

Al Presidente della Commissione Stragi Senatore Giovanni Pellegrino
Al Presidente del COPACO On. Franco Frattini e p.c.
Al Presidente della Commissione Difesa del Senato Senatore Doriano Di Benedetto
Al Presidente della Commissione Difesa della Camera On. Valdo Spini
Al Presidente della Commissione Affari Esteri del Senato Senatore Gian Giacomo Migone
Al Presidente della Commissione Affari Esteri della Camera On. Achille Occhetto

Signor Presidente,

faccio seguito a quanto contenuto nella mia lettera in data 28.3.2000 (vedi Allegato) su alcuni aspetti della organizzazione Gladio rimasti in ombra. Ad oggi, rispetto a quanto fu dichiarato in Parlamento dal Governo pro tempore, possiamo dire che non è vero:

1) Che i gladiatori fossero in numero 622 e ciò perché:

a) dal carteggio dei gladiatori sono stati esclusi tutti coloro che facevano parte dei quadri permanenti. Ad esempio questo è il caso del maresciallo Vincenzo Li Causi, capo del Centro Scorpione a Trapani e appartenente agli OSSI (gli Operatori Speciali del Servizio Informazioni che, come è noto, la 2° Corte di Assise di Roma ha dichiarato essere eversivi dell'ordine costituzionale). Li Causi, come addestratore di Gladio ha partecipato a varie operazioni, come l'operazione Dozier, l'operazione Lima, l'operazione Trani, etc.

b) dalle indagini della magistratura di Bologna e di Roma sono emersi altri nomi di gladiatori non compresi nella lista.

2) Non è vero che i compiti dei gladiatori erano quelli ufficialmente dichiarati. A Conferma di ciò, a parte le attività degli OSSI sopra menzionate, basti pensare all'unico documento sulle operazioni di Gladio che non è stato distrutto e cioè all'ordine di operazione e al rapporto di operazione relativo alla esercitazione Delfino che prevedeva compiti come i seguenti: attentati terroristici (da addebitare ai filo slavi e all'insorgenza) azioni di intimidazione e controintimidazione, azioni di sabotaggio mascherato, costituzione di gruppi di attivisti per disturbare e impedire manifestazioni sindacali, compilazione di schedature e divulgazione di notizie personali su avversari politici, controllo su sacerdoti (ritenuti filo slavi), azioni intimidatorie avverse ai militari per coinvolgerli nella controinsorgenza, approntamento e distribuzione di manifestini aventi per oggetto questioni di politica interna (NDR: uno recitava:"Il vero pericolo non è l'atomica ma il Partito Comunista italiano", ironicamente come si può vedere nel sito, proprio l'eredità atomica con la contaminazione sta minando la sopravvivenza dell'uomo sul pianeta. Negli USA, Clinton se ne è accorto, ha cambiato di 180 gradi la posizione del governo e parla di "rimediare agli errori del passato". Putin sta firmando tutti i trattati possibili per ridurre il pericolo nucleare. Il mondo intero si sta muovendo per capire come rimediare a questo proliferare di scorie nucleari che non si sa come gestire e dove mettere. Nell'Italia dei poteri forti [Accame giustamente parla di cittadini sudditi e non più sovrani], ancora l'argomento è tabù ed il Ministero degli Interni nelle circolari inviate ai vigili del fuoco, parla di come sia cosa buona e giusta l'usare quintali di uranio come contrappeso sugli aerei di linea civili... Pura follia istituzionalizzata.).

3) Non è vero che Gladio appartenesse alla Nato come è stato affermato in Parlamento. In tal senso si possono citare le dichiarazioni dell'On. Cossiga (vedi l'articolo di G. Maria Bellu e G. D'Avanzo su la Repubblica in data 31.5.91 dal titolo:"Cossiga: con Gladio la Nato non c'entra" ed anche l'articolo alla stessa data su L'Unità:"Cossiga ai giudici romani. Gladio non è della Nato", dell'ambasciatore Fulci, già rappresentante italiano presso la Nato (vedi articolo di Carla Ronga su Liberazione del 18.10.96 dal titolo:"L'ambasciatore Fulci: Gladio non faceva parte della Nato" e, prima di tutto, quanto scritto dallo stesso capo di Gladio, generale P. Inzerilli (NDR: attualmente sotto processo assieme all'Ammiraglio Martini per aver distrutto tutti i documenti di Gladio)  nel suo libro: "Gladio e la verità negata". Del resto si tratta della valutazione iniziale di Shape secondo cui (vedi articolo su La Stampa del 6.11.1990 dal titolo:"La Nato: Gladio) Non ne sappiamo niente") a proposito di Gladio:" Nella nostra organizzazione non esiste e non è mai esistita una struttura di questo genere: i piani di difesa atlantici non comprendono in nessun modo ipotesi di organizzazione della resistenza in territori eventualmente occupati".

Dalle dichiarazioni di un ex appartenente ai Servizi Segreti militari, Antonino Arconte, che si considera gladiatore, emerge la partecipazione ad operazioni che nulla hanno a che vedere con i compiti assegnati ufficialmente a Gladio. Arconte afferma infatti, ad esempio, di aver partecipato alla operazione Akbar Maghreb, operazione anche citata dall'ammiraglio Martini nel suo libro:"Nome in codice Ulisse", pag. 141 - 142, di cui l'ammiraglio Martini ha riferito più in dettaglio presso la Commissione Stragi. L'operazione Maghreb era volta in sostanza alla destituzione del presidente Bourghiba. Secondo Arconte, a differenza di quanto afferma l'ammiraglio Martini, l'operazione Akbar Maghreb non ha avuto inizio nel 1985. L'operazione ha avuto inizio ai primi del 1982/1983, per i primi contatti con il Nord Africa e al capo d'anno 1983/1984 per il passaggio ad una prima fase operativa con l'intervento armato di gruppi di ribelli pan africani in tutta l'area del Maghreb con particolare riguardo alla Tunisia e maggiormente a Tunisi. Arconte concorda con l'ammiraglio Martini sul fatto che l'On. Andreotti fosse al corrente della missione. Arconte afferma di avere operato alle dipendenze del generale Miceli, il cui nome in codice era Ulisse.

Secondo Arconte le prove di fatto dell'esistenza di militari italiani dietro questa vicenda sono riscontrabili ad esempio nei viaggi della motonave "Vento di ponente" a Tripoli, Bengasi, Malta e Tunisi.

Arconte afferma anche di aver ricevuto tramite il Consolato italiano in Tunisia i documenti in cui venivano ordinate le azioni da compiere. Arconte fa il nome anche di altre persone che hanno partecipato alle missioni in Algeria e Marocco. A Tunisi il punto di ritrovo era un albergo di Rue du Maroc e a Tetouan ai piedi del Rif, un magazzino in Rue Sidi Mandri, n.8, gestito da chi teneva i contatti con gli uomini di Akbar Maghreb in Marocco.

Arconte, rimasto in servizio dal 1983 al 1987, ha avuto uno scambio di messaggi con Bettino Craxi. Arconte che afferma poi di essere scampato ad un attentato nel 1993, fornisce alcune indicazioni sulla sua appartenenza a Gladio, in particolare precisa di avere fatto parte della II Centuria di Gladio detta "Lupi" e più dettagliatamente della IX Decuria (NDR: di cui è l'unico sopravvissuto), in cui militava col nome in codice G71VO155M [dove G sta per gladiatore ed M sta per Marina Militare italiana (NDR: e VO sta per volontario)]. Arconte fornisce anche delle precisazioni sugli addestramenti a cui ha partecipato in qualità di gladiatore nel 1971, 1972, 1973 durante i corsi svolti a Capo Marrargiu. Precisa anche che mentre alla base di Capo Marrargiu si tenevano i corsi di addestramento dei gladiatori, presso la base di Tor Poglina si svolgeva l'addestramento dei guastatori.

Tornato in Italia nel 1986 Arconte afferma di non aver trovato più il personale da cui dipendeva (NDR: nemmeno l'ufficio) appartenente al comando ubicato in via XX Settembre in Roma.

Dal punto di vista dei Servizi si tratta di stabilire se Gladio operava in altri ambiti oltre a quelli resi noti e quali compiti erano affidati a questi gladiatori. Si pone anche il problema se la base segreta di Gladio a Trapani, che tra l'altro disponeva di un aereo super leggero, avesse tra i suoi compiti, ad oggi sconosciuti, di tenere contatti con la Tunisia.

Non sfugge l'esigenza di approfondire aspetti finora ignorati della organizzazione Gladio e individuare i motivi per i quali non sono stati resi noti. Evidentemente operazioni come quelle del Maghreb a carattere nazionale per promuovere un cambiamento politico in un paese africano nulla hanno a che fare con compiti come quelli che sono stati attribuiti ad una organizzazione del tipo "Stay Behind".

Falco Accame
Presidente Ana-Vafaf